Nella precedente «puntata» di questa rubrica, si è fatto cenno a Foggia e al suo primato di aver ospitato, nel lontano 1974, il primo vero festival di jazz mai organizzato in Puglia, appunto Foggia Jazz. Ed è, quella del jazz in Capitanata, una storia che merita di essere ricordata, anche perché riguarda un territorio della cui vita musicale si potrebbe decisamente parlare di più.
Tra i testimoni più importanti dell’arrivo della musica afroamericana nel capoluogo dauno c’è innanzitutto Renzo Arbore, il quale ha in più occasioni ricordato gli anni della Seconda guerra mondiale, quando gli ufficiali americani avevano requisito a Foggia il palazzo Frattarolo – praticamente di fronte a casa sua – dal quale il Nostro, ancora bambino, sentiva diffondersi il blues, il boogie woogie e la musica swing. Della presenza di Frank Sinatra a Foggia – che nel 1945 si esibì per le truppe Usa in un hangar dell’aereoporto – s’è già detto in precedenti occasioni, ma nel ricordo dei fan e dei musicisti più anziani – ormai tutti scomparsi – era emerso più volte anche il nome di Stan Getz che, a quanto pare, era giunto giovanissimo in Capitanata per suonare con una big band militare.
Sempre Arbore, poi, ha in più occasioni ricordato il suo concittadino Franco Tolomei, un virtuoso della tromba che si esibì più volte anche a Bari con la Southern Jazz Ensemble. Con lui, aveva iniziato a frequentare il primo Circolo foggiano del jazz in un locale che si chiamava «Tre Bis» gestito da Tonino De Mita che diversi anni dopo avrebbe poi aperto il bar «Chez Tony» in Corso Giannone, dando inizio all’avventura di Foggia Jazz. Lì gravitavano diversi musicisti che, negli anni seguenti, avrebbero formato – come sempre Arbore ha ricordato – il gruppo dei «Parker Boys»: erano, tra gli altri, Alfredo Amatruda, primo clarinettista e sassofonista foggiano, il chitarrista Romolo Russo, il pianista Rico Garofalo, il batterista Clemente Santangelo. Non era raro, tuttavia, che si facessero vedere a Foggia anche Pino Rucher – chitarrista di Manfredonia che suonava con l’orchestra di Cinico Angelini – e il virtuoso della fisarmonica Peppino Principe, che veniva addirittura dal Gargano.
I numerosi passaggi che hanno portato alla nascita di Foggia Jazz meriterebbero ben altri spazi per essere rievocati, ma non si può fare a meno di ricordare esperienze come quella del «Jazz College», nel quale oltre ad Arbore suonava – tra gli altri – l’architetto e sassofonista Roberto Telesforo, futuro padre di Gegè e poi anche il ruolo svolto da Ninni Maina, il «Frank Sinatra di Puglia», che della musica jazz è stato tra i più instancabili promotori in tutto il Foggiano. Per non dire della Taverna del Gufo che, fondata negli Anni ‘60 dai fratelli Pellicani e affidata anche all’instancabile organizzazione di Arnaldo Santoro, ospitò grandi nomi del jazz italiano insieme con cabarettisti esordienti come Enrico Montesano, Pippo Franco, Roberto Benigni, Massimo Troisi o Carlo Verdone che, segnalati da Arbore – nel frattempo trasferitosi a Roma – accettavano di esibirsi a Foggia per un compenso di 30mila lire.
Fu tuttavia Tonino De Mita, una volta aperto il bar «Chez Tony» in Corso Giannone, che cominciò a invitare di estate tanto i più importanti jazzisti italiani e poi anche americani, finanziando inizialmente i concerti con i soli incassi realizzati ai tavolini del locale. Era appunto il 1974 e si era all’inizio di un’avventura la cui eredità, dopo la scomparsa del suo ideatore, venne raccolta da Maina, insieme a un comitato che, negli anni, riunì nelle proprie file Pinuccio Torre, Pasquale Sorrenti, Pasquale Marinaccio e Diego De Mita (il figlio di Tony). Ma se questo era il nucleo per così dire operativo, molti altri contributi arrivavano da Arnaldo Santoro, vero «proconsole» foggiano di Renzo Arbore, Roberto Telesforo per non dire di alcuni appassionati storici come Nino Scippa e, soprattutto, Riccardo Di Filippo, discografo incallito, oltre che probabilmente unico pugliese a potersi vantare di aver ascoltato dal vivo il grande Charlie Parker nello storico concerto del 1949 al Festival di Parigi. A loro si univa spesso anche Enrico Sannoner – fratello dell’indimenticato sassofonista Gino Sannoner – che ha legato il proprio nome a diversi avvenimenti della vita musicale foggiana e che, negli anni d’oro del festival, era fra l’altro il direttore del teatro Giordano.
Grazie a tutti loro, Foggia Jazz ebbe il suo colpo d’ala negli Anni ‘80 quando, anche grazie alla collaborazione con un giovane manager di Accadia, Rocco Pasquariello, con il sostegno dell’amministrazione provinciale giunsero a Foggia sia Chick Corea in trio con Miroslav Vitous e Roy Haynes – protagonisti di un memorabile concerto tenutosi davanti a Palazzo Dogana, fra migliaia di ascoltatori – sia Chet Baker con Philippe Catherine, arrivando quasi a contendere a Bari il primato degli eventi jazzistici nella regione. Degli alti e bassi degli anni successivi e dei non pochi passaggi di mano nell’organizzazione non è questa la sede per parlare. La tradizione di Foggia Jazz è proseguita sino ai nostri giorni con appuntamenti anche di grande rilievo. Ma il merito di aver acceso la miccia, va riconosciuto a quei visionari «pionieri» che vollero ostinatamente trasformare dei sogni in realtà.