LECCE - La conclusione dei playoff di serie B ha sancito la griglia di partenza della prossima serie A. Il Lecce adesso conosce le 19 avversarie contro le quali competerà a caccia del traguardo storico della terza salvezza consecutiva in serie A. Mai nella sua storia il club giallorosso è stato capace di disputare più di tre volte di fila il massimo campionato italiano. La sfida sarà ardua e la concorrenza agguerrita, ma la società salentina ha dalla sua la forza di un progetto in continua crescita.
Nelle scorse ore, il presidente Saverio Sticchi Damiani ha affidato ai propri profili social un messaggio eloquente e simbolico sul prossimo campionato di serie A e sul ruolo che riveste il Lecce in un calcio italiano, paradossalmente, sempre meno italiano: «Salgono in serie A Parma, Como e Venezia (complimenti), tre città del Nord, tre proprietà straniere. La serie A ormai è in maggioranza espressione di “società straniere” e con il Lecce unica squadra sotto Napoli. Stiamo facendo, insieme alla nostra gente, qualcosa che è in totale controtendenza rispetto al calcio moderno e sentirsi quasi degli “intrusi” è lo stimolo più grande per giustificare qualsiasi sforzo per esserci comunque, a modo nostro».
La cartina geografica della nuova serie A è, a tutti gli effetti piuttosto impietosa. Oltre alla Sardegna rappresentata dal Cagliari, il Lecce è, dopo il Napoli, l’ultimo baluardo del meridione nella massima serie italiana. Ma c’è di più. Come sottolineato dal presidente Sticchi Damiani, il nuovo assetto economico della serie A vede il 50% dei club che parteciperanno al prossimo campionato con al timone una proprietà straniera. Appare piuttosto eloquente, in tal senso, come a fronte di tre proprietà italiane retrocesse ne siano state promosse dalla serie B due americane (Parma e Venezia) e una indonesiana (il Como).
In un contesto di questo tipo, il Lecce, come sottolineato dallo stesso Sticchi Damiani, rappresenta una (piacevole) anomalia. La compagine societaria di Via Costadura, infatti, non solo è italiana, ma è anche ben radicata al territorio, essendo composta per la quasi totalità da soci salentini. Tifosi, ancor prima che azionisti. Una rarità in un calcio italiano che, almeno dal punto di vista delle proprietà, sta lasciando sempre più campo agli investitori esteri. Il nuovo assetto della serie A, inevitabilmente, rende ancora più complessa la sfida del Lecce di farsi largo fra club che pur non rientrando nella cerchia dei big possono vantare ingenti patrimoni da investire sul patrimonio tecnico. Quella chiosa finale nel messaggio di Sticchi Damiani, «a modo nostro», sembra lasciare trasparire quello che è il punto di forza della società di Via Costadura, ovvero la progettualità. L’obiettivo del club salentino è quello di compiere di anno in anno un passo di crescita in avanti, abbinando al risultato sportivo l’equilibrio economico. In un calcio dove l’indebitamento sembra quasi essere il male necessario per essere competitivi, il Lecce ha dimostrato negli ultimi anni che si può vincere (perché la salvezza equivale a uno scudetto) anche tenendo i conti in ordine, investendo non solo nel progetto tecnico ma anche nelle strutture. Le due salvezze consecutive hanno fatto lievitare il valore della società giallorossa, che adesso punta a rinforzarsi ulteriormente anche fuori dal campo.
Parallelamente ai discorsi tecnici, la società sta viaggiando spedita anche verso la costruzione del nuovo centro sportivo di proprietà: un investimento da circa 10 milioni di euro che darà una nuova «casa» alla squadra e che sorgerà a Martignano, a pochi chilometri da Lecce. L’obiettivo, in vista della prossima stagione, non cambia: la prerogativa è salvarsi, provando a costruire ancora qualcosa in più sulla base già piuttosto importante messa in piedi nelle ultime stagioni costellate di successi. Difficile ma tutt’altro che impossibile per questo Lecce, piacevole anomalia di un calcio italiano che pur essendo sempre più sbilanciato verso Nord non può restare indifferente ai «miracoli» del tacco d’Italia.