Martedì 18 Novembre 2025 | 05:34

«Falsi arresti a Ostuni», condannati cinque carabinieri: dovranno risarcire lo Stato per i danni alle vittime

«Falsi arresti a Ostuni», condannati cinque carabinieri: dovranno risarcire lo Stato per i danni alle vittime

 
massimiliano scagliarini

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massimiliano scagliarini

«Falsi arresti a Ostuni», condannati cinque carabinieri: dovranno risarcire lo Stato per i danni alle vittime

Sentenza della Corte dei conti contro gli ex militari della stazione di Fasano che nel 2004 hanno nascosto due bombe a mano in casa di pregiudicati: «Era per fare bella figura con i superiori»

Martedì 18 Novembre 2025, 05:05

In una notte del marzo 2004 una pattuglia di carabinieri della compagnia di Fasano eseguì una perquisizione in casa di due pregiudicati di Ostuni. Sotto il divano spuntarono due bombe a mano, e così Carmelo Vasta e la moglie Maria Loparco vennero arrestati e poi finirono in carcere. I due, portati davanti al giudice per l’interrogatorio di convalida, negarono tutto. Dopo poche settimane venne fuori che le bombe erano state messe dagli stessi militari «per fare bella figura con i superiori», in base a quanto accertato nel processo penale concluso con pene fino a 6 anni.

Dopo quasi vent’anni il ministero dell’Interno ha dovuto pagare i danni alle due vittime di quell’arresto arbitrario (Vasta nel frattempo è morto) sborsando circa 143mila euro. E ora lo Stato ha presentato il conto: cinque di quegli ex militari sono stati condannati dalla Corte dei conti a risarcire le casse pubbliche.

La vicenda all’epoca ebbe una enorme eco, anche perché nel processo penale fu coinvolto (e poi scagionato) anche il comandante provinciale dell’epoca. Venne accertato che gli allora vertici della compagnia di Fasano «pilotavano» un albanese vicino alla Scu, che in cambio di soffiate era lasciato libero di fare il doppio gioco, e che si prestò - in cambio della promessa di essere ammesso al programma di protezione - a confermare di aver venduto le due bombe a mano alle vittime. Tutto falso, come confessò quasi subito lo stesso albanese, tanto che otto militari furono poi arrestati su ordinanza di custodia cautelare del gip Alceste Maritati: in carcere a Santa Maria Capua Vetere finirono il capitano Cosimo Damiano Dellisanti, 60 anni, di Barletta, all’epoca comandante della compagnia, il suo vice, tenente Vincenzo Favoino, 58 anni di Cercola e il maresciallo Vito Maniscalchi, 54 anni di Erice, e ai domiciliari il vicebrigadiere Stefano De Masi, 60 anni di Napoli, il maresciallo Gioacchino Bonomo, 60 anni di Marsala ed altre tre persone. Quelli citati sono stati condannati dalla Corte dei conti (presidente relatore Mingarelli, Grasso, Natale) su richiesta del sostituto pg Maria Stefania Balena.

Il procedimento penale (alcune delle ipotesi di accusa sono cadute, mentre l’arresto illegale e la calunnia sono stati dichiarati prescritti) ha riconosciuto il risarcimento del danno alle vittime. E così sono partite le azioni civili nei confronti dei militari e dei ministeri della Difesa e dell’Interno. Già dopo la sentenza civile di primo grado il Viminale ha preferito pagare il dovuto, circa 143mila euro, esattamente la somma che la Procura erariale ha chiesto ai cinque militari a fronte delle loro «deplorevoli azioni»: De Masi (che non era stato oggetto della richiesta di danni in sede civile) ha presentato controdeduzioni, ma nessuno di loro si è costituito e dunque il processo si è svolto in contumacia.

La Corte ha motivato la condanna facendo riferimento alle precedenti sentenze civili e penali. E quindi ha ritenuto che le accuse mosse contro i militari «sono estremamente gravi, sia perché aventi ad oggetto l’illegale detenzione di ordigni da guerra e di un’arma clandestina, nonché condotte (quali la falsità ideologica, l’arresto illegale, la perquisizione illegale) che costituiscono un allarmante sviamento delle funzioni pubbliche poste in essere proprio da soggetti preposti alla loro garanzia e tutela. Altrettanto preoccupanti le modalità spregiudicate con cui l’intera operazione fu pianificata e portata a compimento».

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