BRINDISI - «Mio fratello Massimiliano mi sta buttando fango: si sta inventando tutto».
Intercettato al telefono con un’amica, Cosimo Morleo, parla del pentimento del fratello più piccolo, Massimiliano, diventato teste d’accusa anche nei confronti dell’altro fratello, Enrico, nel processo sugli omicidi degli imprenditori attivi nel settore dei casalinghi, Sergio Spada, ucciso con un colpo di pistola l’11 novembre 2001, e Salvatore Cairo, fatto a pezzi e bruciato il 6 maggio 2000.
La conversazione risale al 28 gennaio 2022 ed è stata trascritta dal perito nominato dalla Corte d’Assise di fronte alla quale si sta svolgendo il processo, scaturito dalla conclusione dell’inchiesta della Dda di Lecce, in cui a Cosimo ed Enrico Morleo sono contestate le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso per aver ucciso Cairo e Spada, ritenuti concorrenti scomodi.
Il 22 gennaio 2022, la Squadra Mobile di Brindisi aveva eseguito un sopralluogo in un pozzo in contrada Santa Lucia ed emerse l’inizio della collaborazione di Massimiliano Morleo. Nella telefonata intercettata, Cosimo Morleo, racconta di essere andato a trovare il titolare di un’agenzia immobiliare e alla domanda se fosse tutto a posto, Morleo risponde: «Va bene, tranne mio fratello Massimiliano che mi sta buttando fango addosso. Mi vergogno pure a dirtelo. Siccome vendeva droga mio fratello e sicuramente avrà ammazzato qualcuno a Roma, la legge lo ha scoperto ed è giusto che paghi, mo’ praticamente, per salvarsi, si è inventato di Salvatore Cairo e Sergio Spada. Si è pentito».
Cosimo Morleo, prosegue nel racconto e dice che il titolare dell’agenzia immobiliare gli avrebbe chiesto a che ora sarebbe sparito Cairo: «Quello ha detto, Cosimi’, non è niente vero. Alle 10,30 stava da me Salvatore Cairo. Hai capito? Mi stanno venendo i brividi», dice sottolineando che si sarebbe trattato del giorno in cui Cairo è sparito. Ancora Cosimo Morleo: «Io gli ho detto, guarda che se è una cosa, ti tiro in ballo. E quello: ‘Cosimi’, scappando vengo e ti dico che io sono stato l’ultimo a vederlo». Morleo dice anche che il titolare dell’agenzia gli avrebbe detto di aver saputo della sparizione «l’indomani, tramite un poliziotto». Il nome dell’agente di polizia è leggibile nella trascrizione dell’intercettazione. E ancora: «A me viene di andare a dirglielo io alla polizia. Ma non avete capito niente. Mi sta scattando la testa per ‘sto fatto. Non è importante, di più. Tu a un cristiano gli fai fare 30 anni».
La donna riferisce a Cosimo Morleo che «proprio ieri c’era un articolo e c’era scritto che sia stata ucciso in questo capannone». Morleo: «Tanto puoi parlare apertamente, sa? Ci stanno sentendo. Io voglio che ci sentono». Ancora la donna: «L’articolo diceva che il pentito, ipotetico collaboratore, conferma la versione». Morleo: «E che devono dire? Si sono messi d’accordo. Ma il bello è che non c’è niente là. A meno che non ce lo ha messo lui, quando io non ci stavo». La donna: «Cosimo, tu lo sai che cos’è tuo fratello?». Risposta: «Un diavolo. Però ad oggi non hanno trovato niente, perché io non ho messo niente. Mi segui? Se poi lui ha messo qualcosa, l’avrebbero trovata perché stanno cercando. Ma pure che lui lo ha ucciso e dice che stava là, non lo stanno trovando. E che si scorda dove ha seppellito un morto? Non è che sto nascondendo 50 euro dentro casa e non mi ricordo dove li ho messi. A meno che non perdo la memoria, che divento scemo».
Cosimo Morleo conclude: «Con l’avvocato o qualcuno glielo devo fare sapere alla legge. Prima che questi qua, magari si alzino domattina e dicano: arrestiamoli». Così è successo il 22 marzo dello scorso anno.