BRINDISI - Operai come schiavi, nei campi fotovoltaici della Tecnova srl, nel Salento. In sette sono stati condannati dalla Corte d'Assise di Lecce con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù ed estorsione aggravata. Altri cinque, tutti del Brindisino, sono stati invece assolti.
Oggi la sentenza per i 12 imputati, letta dal giudice Pietro Baffa. Pene pesanti per i tre presunti vertici dell’organizzazione: 18 anni al socio amministratore Fernando Josuè Martinez Bascunana, 49 anni, spagnolo; 16 anni al colombiano Luis Miguel Castellanos Cardenos, di 44 anni, e a Luis Manuel Nunez Gutierrez, 50 anni, anch'egli spagnolo, amministratore della Tecnova di Brindisi.
Dieci anni per gli spagnoli Laura Martin Garcia, 43 anni, Didier Canedo Gutierrez, 31 anni, il marocchino Brahim Lebhihe, 38 anni, e il colombiano Andres Felipe Castellanos Higuera, 45 anni, capo cantiere.
Assolta per non aver commesso il fatto la responsabile amministrativa Manuela Costabile, 36 anni di Brindisi e Tatiana Tedesco, di 37 anni, anche lei brindisina, Anna Maria Bonetti, 39 anni, di San Pietro Vernotico, collaboratrici della Costabile. Assolti pure Marco Damiano Bagnulo, di 33 anni, Cosima De Michele, di 68anni, titolari dello studio B.D. Consulting Firm srl., che in base all'accusa avrebbero impiegato gli operai senza permesso di soggiorno o scaduto nei campi Tecnova.
La vicenda affonda le sue radici nel 2011, quando vennero avviate le indagini della squadra mobile di Lecce e dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Brindisi, concluse solo nel 2013. Secondo l'accusa, i responsabili della società spagnola, specializzata nella realizzazione di parchi fotovoltaici, avrebbero assunto cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno, favorendone la permanenza irregolare e occupandoli in condizione di asservimento per la realizzazione dei campi.
Gli extracomunitari avrebbero lavorato dodici ore consecutive al giorno, in qualche caso anche 20, e pagati 2 euro l’ora. Nessun giorno di riposo, si lavorava anche il sabato e domenica. Quando gli operai si decisero a parlare furono espliciti: «Stiamo peggio dei nostri nonni sfruttati nei campi di cotone» e paragonarono ciò che accadeva in quei campi «come in Vietnam». Descrissero umiliazioni e sofferenze, compresa quella di invitare gli extracomunitari a lavorare senza guanti o indossare stivali con misure più piccole. «Al massimo - si dicevano al telefono - si taglieranno le punte degli stivali, così i piedi vanno comodi».
Delle 438 persone offese, oltre 300 si sono costituite parti civili al processo, e chiedono di essere risarcite per quanto avrebbero subito.