MONOPOLI - Silenzio e rispetto. Sono le parole chiave dell’omelia di don Michele Petruzzi, parroco di Sant’Anna, nel giorno del commiato dalla piccola Sofia, la tredicenne trovata senza vita nel bagno di casa dalla mamma Anna domenica scorsa. Le parole sono di troppo, serve «l’ascolto, la capacità di camminare al fianco di chi soffre, lasciando lo spazio di esprimere il disagio, di piangere, di sfogarsi».
Le parole del parroco riecheggiano in una chiesa affollatissima, di coetanei di Sofia, di residenti del quartiere, di compagni di scuola, di autorità civili e militari, di preti della zona pastorale: «prendiamo spunto da Gesù, dal suo stile, sulla via di Emmaus quando ascolta la frustrazione dei discepoli che avevano assistito alla crocifissione». La frustrazione, la sofferenza per le aspettative disattese, quelle dei discepoli che vedevano in Gesù la speranza di essere liberati dalle sofferenze come il dolore lancinante per una vita, quella di Sofia, recisa troppo presto. «Non eravamo pronti a doverti lasciare così presto - dice in una testimonianza letta alla fine della celebrazione un’amica di famiglia - men che meno lo erano il tuo papà e la tua mamma».
Gli occhi, in chiesa, sono puntati sulla bara bianca, coperta dai fiori, con una foto di Sofia in una cornice bianca. Tutti guardano in quella direzione, con la testa china e il dolore nel cuore. Mamma Anna stringe a sé un’altra foto di sua figlia, in una cornice a forma di cuore, mentre papà Stefano inerme guarda nel vuoto, dopo aver portato a spalla il feretro in chiesa. «Siamo tutti chiamati a stare zitti ed ascoltare», riprende don Michele: le parole chiave sono camminare insieme, ascoltare, spezzare il pane, restare. Gesti quotidiani, semplici e discreti ma di una potenza dirompente in una società che va troppo veloce, che più che ascoltare dispensa consigli preconfezionati, parole di circostanza, azioni di facciata. Soprattutto nei confronti «del mondo degli adolescenti che è il mondo di tutti noi», dove non servono le prediche, dove il confronto deve essere sincero dove le generazioni si incontrano e si scontrano troppo spesso, troppo facilmente.
Centinaia di persone hanno preso parte al rito, con difficoltà riescono a trattenere le lacrime ma le parole arrivano dritte al cuore di tutti: «Il dolore non si può cancellare, il dono della vita di Sofia è un patrimonio d’amore per i genitori, per il fratellino, per i parenti. Dobbiamo farci coinvolgere dalle parole di Resurrezione di Gesù, che i discepoli riconoscono nel gesto dello spezzare il pane, per ritrovare la forza che ci spinga a rialzarci».
«Il tuo banco nella 3^ C rimarrà vuoto, tu sarai sempre lì con noi», dice alla fine della celebrazione un compagno di classe mentre un’amica di Sofia le manda a voce alta un ultimo messaggio: «dovevamo andare insieme al liceo artistico, continuerò questo sogno anche per te». Dopo la benedizione della salma la bara bianca esce dalla chiesa tra i palloncini, candidi anch’essi, e un applauso commosso che accompagna Sofia per l’ultimo viaggio.
SI ATTENDE L'ANALISI DEL CELLULARE
Bisognerà aspettare ancora qualche giorno per sciogliere i dubbi sulla morte della 13enne che si è tolta la vita mentre era da sola in casa domenica scorsa a Monopoli (Bari). La pm Silvia Curione affiderà infatti venerdì prossimo l’incarico di analizzare il cellulare della ragazzina e solo allora si potrà forse capire se il suicidio sia maturato nell’ambito di dinamiche fra coetanei. Dalle prime indagini della Procura di Bari e dei carabinieri è emerso che la vittima, nei giorni precedenti alla sua morte, sarebbe stata esclusa da alcuni gruppi WhatsApp nei quali chattavano i suoi amici. Il cellulare della ragazzina è stato immediatamente sequestrato. Nei prossimi giorni la Procura ascolterà anche la famiglia per capire se, anche prima del suicidio, la 13enne avesse mostrato disagio rispetto ai rapporti con i suoi coetanei. Il reato ipotizzato è istigazione al suicidio. Al momento non ci sono indagati.