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Quella gustosa ruota di focaccia che a Bari vale come l’oro

 
Ninni Perchiazzi

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Ninni Perchiazzi

Quella gustosa ruota di focaccia che a Bari vale come l’oro

Esempio di focaccia alla barese

Sul gustoso prodotto si abbatte il caro materie prime: il prezzo raddoppia in un paio di settimane

Martedì 15 Marzo 2022, 15:17

BARI - Da sempre la focaccia scandisce i tempi della vita quotidiana dei baresi. Una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, adesso messa a rischio dagli aumenti indiscriminati dei prezzi. Il grano è volato alle stelle. Alla borsa popolare dei panifici del capoluogo e di tutta l’area metropolitana la focaccia barese, ormai nota in tutto il mondo, non si vende ormai a meno di 7 euro al chilo (ma in alcuni casi varca la soglia dei 9 euro), anche a causa del balzo dei pomodori, venduti ai panificatori a non meno di 3 euro al chilo. Nel giro di un paio di settimane il prezzo è pressoché raddoppiato. Un disastro.

Il «pezzo di focaccia» è una consuetudine con propensione a sfociare nello stile di vita, che acquisisci da quando al liceo fai la colletta per spegnere i morsi della fame, dividere e condividere con i compagni un triangolo di bontà assoluta, fino ad arrivare alla conquista della fin troppo abusata immagine associata alla birra Peroni ghiacciata, un connubio da gustare magari sul lungomare (ma fa figo anche sul cofano di un’automobile o su una panchina ai giardini). Di triangolo in triangolo si compie una sorta di escalation che accompagna ogni barese dall’infanzia alla maggiore età, sublimandosi durante l’adolescenza, quando si prende realmente consapevolezza del valore umano di quelle «300-400 lire», magari racimolate facendo la questua (anche da sconosciuti) per acquistare la focaccia. Un rito, se non di iniziazione poco ci manca, fatto di condivisione, di convivialità e di amicizia. Ma anche di dispute, come la vexata quaestio, tra chi preferisce quella un po’ più alta e molle (in tanti votano il panificio Magda) o l’alternativa bassa e croccante (tutti in piedi per «Il Focacciaro»). In ogni caso, sono molteplici i maestri della focaccia, quartiere per quartiere, e la scelta è un vero dilemma.

In fondo, addentare la focaccia è un modo sbrigativo, ma soprattutto alla portata di tutti per sfamarsi. Ma adesso, come detto, viene minacciato dall’improvvisa impennata dei prezzi delle materie prime, dalla semola fino ai pomodori. Così mentre le famiglie fanno i conti con il costo della borsa della spesa, con il pane schizzato a quasi un euro in più al chilo (da 2,8 euro al chilo a 3,5 euro è tanta roba), il barese medio vede minacciato il proprio orologio biologico. La tanto amata «pausa focaccia» - va bene a qualsiasi ora - è messa a dura prova. Le quotazioni della mitica «ruota» unta d’olio, condita con pomodori e origano stanno davvero volando, mettendo a rischio la popolarità di quella che rappresenta la risposta pugliese al fast food stile Usa. Una sfida con l’hamburger - non c’è partita nel confronto in tema di genuinità - peraltro rappresentata sul grande schermo da «Focaccia blues» di Nico Cirasola, con attori-testimonial del calibro di Renzo Arbore e Lino Banfi, con tanto di cameo di Nichi Vendola.

Suggestioni cinematografiche a parte, è il momento di lottare per libertà e per la focaccia, verrebbe da dire. Per il barese doc - la cui preghiera laica mattutina è dacci oggi la nostra focaccia quotidiana -, è una mission impossible da vincere ad ogni costo. Ne vanno di mezzo onore e tradizione. Cosa potrebbe esserci di peggio? Che aumenti anche la Peroni. Anche se da questo stereotipo sarebbe ora di affrancarsi.

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