La zona industriale di Bari è così: se la guardi da una prospettiva ti sembra la ricchissima Dortmund, se la osservi in altri suoi anfratti potrebbe apparire come la periferia dismessa di Glasgow. Eccellenza o degrado? Chissà, magari entrambi. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che di come appare e di quel che accade all’interno dell’area industriale interessa davvero a pochi, agli addetti ai lavori (imprenditori, sindacati, istituzioni) forse. L’idea che abbiamo noi, viceversa, è che dallo stato di salute dell’industria cittadina si possa comprendere il benessere o il malessere complessivo di un’intera società. Di questo si è discusso all'interno di un forum organizzato nella sede della «Gazzetta» con alcuni interlocutori che hanno raccontato questo pezzo di economia pugliese.
Insieme ai giornalisti della «Gazzetta» Carmela Formicola, Ninni Perchiazzi, Rita Schena e Antonella Fanizzi, sono intervenuti il presidente della task force sull’occupazione della Regione Puglia Leo Caroli, il segretario generale della Cgil Bari Gigia Bucci, il presidente del consorzio Asi Emanuele Martinelli, il docente di Storia dell'Industria dell'Università Aldo Moro Federico Pirro, e il noto imprenditore barese della ristorazione, Vito Ladisa, la cui azienda - identitaria del territorio barese - dà lavoro a 4mila persone in tutta Italia e ha recentemente raddoppiato l'investimento su Bari, poiché è in fase di realizzazione un nuovo impianto produttivo grazie anche a finanziamenti europei. Tuttavia emergono alcuni paradossi:; e cioè che buona parte dei suoli in zona Asi sono bloccati da contenziosi e burocrazia. Tutti i dettagli sul forum nell'edizione cartacea della «Gazzetta», in edicola oggi.