BARI - Il 6 agosto saranno trascorsi due anni dal provvedimento con cui l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria ha imposto l’adeguamento alle norme europee delle linee secondarie. E, da quel giorno, finirà l’attuale regime di tolleranza. Sulle reti non ancora in regola - ha stabilito l’Ansf - tutti i treni dovranno andare a 50 km l’ora. Senza eccezioni. Una doccia fredda, l’ennesima, per i pendolari pugliesi. Si salva (parzialmente) soltanto Ferrotramviaria, che proprio il 28 giugno ha ottenuto dall’Ansf il rilascio dell’autorizzazione di sicurezza (in Italia ce l’hanno soltanto altre due reti, Fer e Fnm), e che quindi dovrà mantenere i 50 all’ora solo nelle tratte non ancora coperte dal sistema di controllo Scmt. La linea Sud-Est, che attraverso una interpretazione delle misure di mitigazione, è parzialmente utilizzata a 70 km l’ora (l’anello barese), dovrà scendere a 50 senza alcuna possibilità di deroga.
La lettera inviata dall’Ansf nei giorni scorsi ha messo in allarme tutti i gestori ferroviari d’Italia, che tramite l’Asstra (l’associazione di categoria) domani incontreranno l’Agenzia per chiedere lumi sul significato della nota. Ma, a quanto sembra, stavolta non ci sono margini. Il decreto con cui, all’indomani dell’incidente della Andria-Corato, fu imposto il passaggio di tutte le linee secondarie sotto la vigilanza dell’Ansf (con l’applicazione delle norme di sicurezza più stringenti rispetto a quelle in vigore fino ad allora) in realtà non ammetteva deroghe già dal primo giorno. Ma - come confermano fonti del ministero delle Infrastrutture - nonostante le ingenti risorse disponibili per i lavori, ad oggi l’adeguamento procede a macchia di leopardo: ed è dunque il momento di lanciare un segnale.
Proprio ieri, del resto, la giunta regionale ha approvato una delibera predisposta dall’assessore ai Trasporti, Gianni Giannini, che interviene sugli allegati dei contratti di servizio in vigore, in particolare sui parametri che regolano le sanzioni (e la premialità) concesse alle imprese ferroviarie per i ritardi e i cambiamenti dei programmi di esercizio. Si tratta, in generale, di un atto dovuto, conseguente proprio al passaggio sotto la sorveglianza dell’Ansf (e quindi ad esempio allo spacchettamento tra esercizio e infrastruttura): le cause dei ritardi sono infatti state meglio codificate per distinguere tra quelle dovute al treno, quelle dovute alla linea e quelle dovute a cause esterne (ad esempio gli scioperi). Ma, nei fatti, il regime sanzionatorio ne esce per certi versi addolcito: i gestori pagheranno meno multe per le loro inadempienze.
«È evidente - dice il presidente regionale dell’Asstra, Matteo Colamussi - che l’applicazione delle nuove regole abbia reso più lenta la circolazione dei treni». L’esempio è ciò che accade ai passaggi a livello non automatizzati, dove c’è l’obbligo di marcia a vista: sulle linee salentine delle Sud-Est ce ne sono centinaia. Ma sulla stessa linea (la più importante d’Italia, con i suoi 420 km) continuano a registrarsi rallentamenti ingiustificati e ritardi sistematici.
È vero che il tetto massimo delle soppressioni ingiustificate è rimasto invariato (non oltre 15 treni ogni 1.000), e comporta una multa di 40mila euro per ogni punto percentuale di scostamento dal parametro annuo. Ma è anche vero che il parametro di puntualità (oltre 5 minuti di ritardo), che nello scorso contratto cresceva di due punti percentuali l’anno, è stato congelato al 95% previsto per il 2015. E soprattutto è stata introdotta una «interpretazione» del divieto di modifiche non concordate al programma di servizio «aventi carattere di sistematicità» (250mila euro di multa): si considerano tali quelle che avvengono per più di 15 giorni di fila. In caso contrario, le modifiche selvagge «volanti» agli orari costano solo 10mila euro l’una: anche questo è un bel regalo a Sud-Est, che in materia è primatista assoluta.