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Lezione di Basilicata sui giri del virus (inarrestabile)

 
Massimo Brancati

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Massimo Brancati

Coronavirus, tende pre triage davanti a carceri di Potenza e Matera

foto Tony Vece

Se il contenimento della prima fase era solo questione di fortuna... geomorfologica, ora tutto dipende dall'incapacità della politica locale nella gestione dell'emergenza

Domenica 20 Dicembre 2020, 13:35

Da regione «Covid free» ad un passo dalla zona rossa. E ora giallo sbiadito. Quando in Basilicata i contagi si contavano sulle dita di una mano, la scorsa estate, qualcuno attribuiva il potere taumaturgico alla cronica carenza dei collegamenti, alla mancanza di un aeroporto, alle strade dissestate e agli accessi aggrovigliati come le cuffiette dello smartphone. Poca circolazione di persone uguale meno rischio di contagio. Che fortuna essere marginali, lontani dal mondo.

Tanto lontani che neppure il Covid riesce a raggiungerci. Col senno di poi (e dell'incubo virus), verrebbe da ringraziare chi non ha dato ascolto a Giuseppe Zanardelli, primo presidente del Consiglio a mettere piede in Basilicata, nel 1902.

Disse che il territorio lucano andava “rifondato” dalla testa ai piedi per aprirlo al resto del Paese. Magari oggi avremmo potuto “volare”, viaggiare a quattro corsie sulla Basentana e sul Raccordo Potenza-Sicignano, assistere all'invasione di turisti a Matera e Maratea al pari di Venezia e Portofino. Sì, ma restando all'equazione “meno gente-meno Covid”, in questi tempi – sulla base dei teorici dell'isolamento – avremmo anche assistito al proliferare del coronavirus. Vuoi mettere? Meglio soli che male accompagnati. Da un ospite indesiderato e pericoloso.

Una visione della pandemia “made in Basilicata” evaporata alla prima impennata di positivi. Altro che marginalizzazione. Il Covid non lo fermi con la tortuosità della rete stradale, le interruzioni, le deviazioni, i ponti incerottati, le ferrovie claudicanti, su cui il tempo si è fermato agli inizi del Novecento, e il sogno (abortito) di Icaro. Alla seconda ondata, complice la ricerca degli asintomatici, i numeri sono schizzati in alto, fino a superare quota 6mila contagi. La colpa?

Se il contenimento della prima fase era solo questione di fortuna... geomorfologica, ora tutto dipende dall'incapacità della politica locale nella gestione dell'emergenza. Intendiamoci, le criticità non mancano davvero, così come non mancano in tutte le regioni italiane, neppure in quelle governate da presidenti ai vertici del gradimento nazionale nella lotta al Covid, come Bonaccini o Zaia. Ma se nella scorsa estate, quando ci eravamo illusi di esserci liberati della “bestia”, era tutto merito della dea bendata, oggi che registriamo focolai a destra e manca, 220 decessi e un bollettino di guerra sui positivi, può essere tutto demerito di chi ci governa? La Basilicata è la stessa di qualche mese fa. E non ci pare abbiano, nel frattempo, completato la ferrovia Matera-Ferrandina o aperto l'aeroporto di Pisticci.

Il presidente Bardi fu messo in croce, a marzo scorso, quando dispose il blocco dei confini regionali, di fatto anticipando ciò che qualche tempo dopo il resto d’Italia ritenne inevitabile. Lo costrinsero a riformulare l'ordinanza introducendo limitazioni più “soft”. Salvo, poi, accusarlo di non aver chiuso davvero i confini. Roba da bipolarismo perfetto. In psicologia, non in parlamento. Bipolare come chi, in questa seconda fase dell'emergenza, all'inizio accusava la Regione di “gonfiare” i dati dei contagi per giustificare un incremento delle restrizioni e ora, di fronte a una flessione dei positivi, di nascondere il numero reale degli infetti per “liberare” il Natale. Analogo atteggiamento sulla chiusura temporanea delle scuole medie ed elementari: prima le stilettate a Bardi, reo di non procedere alla serrata, poi le bacchettate per aver deciso di sospendere le lezioni in presenza.

E, infine, l'”impallinamento” nel giorno in cui ha disposto il ritorno in classe. Non si tratta di due scuole (per restare in tema) di pensiero contrapposte, ma nella maggior parte dei casi si tratta delle stesse persone. Tutti alla ricerca del capro espiatorio. Di un colpevole, meglio se inquilino delle “stanze dei bottoni”, per soffiare sul fuoco dell'anti-politica. Anche quando il vero colpevole si trova a migliaia di chilometri da casa, come la vicenda dell'ospedale da campo donato dal Qatar, il cui emiro ha mandato tendoni da trasformare in strutture ad hoc per l'emergenza sanitaria, dimenticandosi di inviare anche le apparecchiature mediche. Alla fine sarà la Regione, d'intesa con il Ministero, a completare un involucro che allo stato attuale servirebbe solo alla famiglia Orfei.

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