È scontato che la vigilia delle elezioni, tra battaglie per le liste dei candidati e rincorsa dei sondaggi, non si presti molto alla discussione su contenuti e programmi, per la verità sempre più marginali e, talora, inesistenti. Ma, forse, mai come stavolta si sta esagerando in tal senso. Eppure, temi da discutere e problemi da affrontare ce ne sarebbero a valanga, a cominciare da quelli del nostro Sud, oggetto di una recentissima menzione speciale da parte dell’Europa in occasione dell’intesa sul Fondo per la Ripresa (Recovery Fund).
La semi-indifferenza nei riguardi delle questioni concrete del Paese, e in particolare nei confronti dell’arretratezza del Sud, non induce, purtroppo, a ben sperare sull’utilizzo dei futuri aiuti europei: sia perché le prove fornite, in merito, nei lustri appena trascorsi, non inducono all’ottimismo, perché non passeranno certo alla storia come esempi di buon governo (eufemismo); sia perché già si avvertono le avvisaglie, le ipoteche di un impiego clientelare e lobbistico dei quattrini all’orizzonte (nella speranza che almeno i soldi del Mes per la sanità non siano rimandati al mittente).
Ma può accadere di peggio, come, in realtà è già accaduto. Quando non si sa da dove cominciare, quando la classe politica ignora le priorità, quando governanti e amministratori sono mossi solo da calcoli elettoralistici, gli stessi aiuti pubblici danno vita a una serie di testacoda che manco i più maldestri tra i piloti in pista. Risultato (diabolico): non si chiedono i finanziamenti per realizzare gli investimenti, ma si abbozzano gli investimenti per ottenere i finanziamenti. Ovvio che, in questo modo, con questo principio logico-procedurale rovesciato, l’allocazione produttiva delle risorse va a farsi benedire, con somma gioia per faccendieri, prenditori e lobbisti vari, autentici miracolati, veri beneficati da cotanta spregiudicatezza para-istituzionale.
Insieme, ovviamente, con il classico capitale-capitale, sono tre i capitali che garantiscono lo sviluppo di un territorio: il capitale fisico, il capitale umano e il capitale civico.
Il capitale fisico per eccellenza è l’infrastrutturazione. E qui il Sud sconta una disattenzione nazionale che grida vendetta. Basti pensare al gap nei trasporti, basti pensare alla sottovalutazione del fattore ferrovia, che rappresenta il vero mastice per l’integrazione dei popoli: non a caso, aggiungiamo, l’Italia è un Paese unito, ma non unificato, dal momento che l’unificazione delle sue economie resta tuttora un miraggio. Per cercare di pareggiare il capitale fisico del Nord, il Sud avrebbe bisogno di investire in infrastrutture.
Di conseguenza non bisognerebbe mettere i bastoni tra le ruote alle imprese che investono, soprattutto in macchinari. Ma se la logica della classe politica è l’investimento in settori più gratificanti sul piano elettorale, e non in quelli più redditizi sul piano produttivo, come sarà possibile sperare di colmare il divario col capitale fisico del Nord?
Il capitale umano non si trova dietro l’angolo di casa o nel primo campo che si calpesta. Se non viene concimato dalla formazione, il capitale umano è destinato a rimanere più sterile del deserto. Il primo atto della formazione è la lettura. Come si può essere formati se si legge poco, o non si legge affatto? Come si può essere formati, se tanti non sono neppure informati? E sotto questo aspetto il Mezzogiorno non riesce a rimontare un distacco ormai plurisecolare, un distacco che si manifesta implacabilmente nelle cifre della sua economia.
Si sa. L’indice di ricchezza materiale di una nazione, di una regione, di un comune corrisponde perfettamente ai (di loro) rispettivi livelli di lettura. Le due classifiche si possono sovrapporre. In Lombardia si è più ricchi non soltanto perché colà il capitale fisico è più consistente, ma anche perché da quelle parti si legge di più. In Calabria si è più poveri perché lì si legge di meno. Morale: forse un giorno si potrà pure appianare il dislivello infrastrutturale tra Nord e Sud, ma se quel giorno gli indici di lettura (giornali e libri) del Sud non avranno raggiunto gli standard del Nord, ci sarà poco da esultare: la parificazione del Pil tra le due Italie resterà una pia aspirazione. Che sia così, che la lettura (base della formazione) sia fondamentale per il decollo di un’area, lo dimostrano i dati riscontrabili nel medesimo Sud: le zone più sviluppate del Meridione sono quelle in cui il capitale umano (lettura e formazione) risulta più cospicuo. Il che significa che progredire, e creare, autonomamente, occupazione e ricchezza, è possibile.
Il capitale civico, terzo elemento-chiave della crescita, non è un concetto di facile sintesi. Diciamo che ha molto a che fare con la fiducia oltre che con la disponibilità a collaborare, a cooperare con gli altri. E, anche in questo caso, il Sud soffre per la storia: mentre nel Nord l’esperienza dei Comuni ha stimolato la cooperazione, invece nel Sud la dittatura dei Feudi ha prodotto sudditanza unilaterale e diffidenza multilaterale, endemica e reciproca. Ma la fiducia è tutto in economia. Come insegnano i sacri testi, la fiducia facilita le transazioni perché consente di risparmiare sui costi di controllo e verifica, insomma la fiducia è il lubrificante più efficace per gli ingranaggi di un sistema economico.
Alle corte.
La questione meridionale resta la questione capitale dello Stivale, anche nella versione di questione di capitali: materiali e immateriali. Per dire. L’emergenza pandemia, che ha incrementato il traffico telefonico e il lavoro telematico da casa, ha messo in risalto lo scandaloso ritardo imposto al Mezzogiorno. Tra gli ultimi esempi: come si fa a crescere se nelle attività digitali - sempre più strutturali dopo il Covid - i collegamenti telematici dal Sud spesso sono più lenti di una lumaca? Come si fa a proclamare di favorire il lavoro nel Sud senza preoccuparsi di una banda che sia sul serio ultralarga? Come si fa a lavorare con la fibra ottica garantita solo fino alla cabina telefonica e con il rame dalla cabina fino a casa, cioè fino al nuovo luogo di lavoro? Parlare di occupazione e sviluppo senza risolvere subito, non tra un anno, emergenze reali come queste significa continuare a prendere in giro la gente.
Ma su questi problemi capitali, chissà se avremo la fortuna di ascoltare qualcosa in campagna elettorale.