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L’ultimo «Vaffa» di Grillo stavolta contro i vecchi al voto

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Beppe Grillo

Beppe Grillo

Appare un po’ bizzarro questo fustigare le teste canute, proponendo di togliere loro il diritto di voto perché, in quanto anziani, poco preoccupati per il futuro sociale e per nulla inclini a ragionare nel lungo periodo

Sabato 19 Ottobre 2019, 15:14

Qualcuno avvisi Beppe Grillo: ha 71 anni ed è stato tra i principali ingegneri di un governo che si regge (anche) grazie ai voti dei quasi novantenni senatori a vita. Dunque, appare un po’ bizzarro questo fustigare le teste canute, proponendo di togliere loro il diritto di voto perché, in quanto anziani, poco preoccupati per il futuro sociale e per nulla inclini a ragionare nel lungo periodo. Una provocazione, ovviamente, che però tradisce un retropensiero da brividi.

Al di là di Grillo e delle sue proposte più o meno stravaganti, è innegabile che negli ultimi anni la società abbia iniziato a percepire gli anziani come un «peso»: non parlano l’inglese, non hanno fatto l’Erasmus né girato il mondo con i voli low cost, e poi non possiedono sensibilità ecologica. Inquinano, gli anziani. Non solo: non riuscendo a cogliere le meravigliose virtù del mondo postmoderno, va a finire che ti votano pure Trump e la Brexit, per la disperazione di Bruxelles. E qui l’odio per l’anziano si salda all’odio per l’ignorante, per l’analfabeta che, irretito dalle fake news e dagli hacker russi, ti fa uscire dalle urne un governo populista. Da cui un’altra proposta, in voga da qualche anno a questa parte: sottoporre l’elettore a un quiz per testarne cultura generale e coscienza civica perché, insomma, il voto te lo devi anche meritare. A selezione chiusa, finirà che voteranno in dodici, tutti giovanissimi, cool, smart, green, happy e con in tasca la patente di homo sapiens sapiens rilasciata da qualche cercopiteco in vena di contrazioni del suffragio universale.

A onor del vero, chi vuole ridurre l’elettorato da un lato (anziani e/o ignoranti), lo vuole allargare da un altro, per esempio consentendo ai 16enni l’accesso alle urne. Una proposta ben più interessante delle precedenti, nata però da presupposti sbagliati. Ad appassionarsi alla questione è stato il dem Enrico Letta dopo aver assistito all’incontenibile successo dello sciopero «verde» dei seguaci di Greta. Il ragionamento dell’ex premier non è un segreto di Fatima: l’ambiente è la chiave per convocare i giovani nell’agone politico, per vincere il loro disinteresse e, magari, convincerli a votare progressista, francobollando idealmente la faccia di Greta sul logo del Pd. Anche qui, qualcuno lo avvisi: non è come sembra. Tra il bigiare un giorno di scuola con tanto di giustifica ministeriale e il votare Zingaretti (che i ragazzi non sanno nemmeno chi sia), ci passano il Pacifico e l’Atlantico messi insieme. E i ponti non si costruiscono sull’oceano.

D’altra parte, però, la stessa proposta l’ha fatta anche la Lega, senza avere in testa Greta, ma con un altro retropensiero: chi meglio della «Bestia», la poderosa macchina social di Salvini, può raggiungere giovani e giovanissimi nel buio delle loro camerette? Vero, il leader leghista è più noto di altri, ma questo è un altro errore. Ammesso e non concesso che ai ragazzi interessino le tirate del Capitano sulla difesa del Parmigiano Reggiano o sulle reti dei pescatori, i liceali usano altri linguaggi e soprattutto altri mezzi, a cominciare da social network (Snapchat, TikTok) di cui i leghisti ignorano totalmente l’esistenza. È un mondo complicato, quello dei 16enni, di vive intelligenze, certo, ma anche di legittimo disimpegno. Forse varrebbe la pena lasciarli in pace un po’ tutti, giovani e anziani, senza accanirsi in strane operazioni di ingegneria elettorale.

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