Entusiasmo, felicità, miste ad apprensione, in attesa che a dicembre venga sciolta la riserva. L’Unesco ha dato il primo sì alla candidatura della cucina italiana a Patrimonio immateriale dell’Umanità e il sogno del riconoscimento planetario sembra ora più vicino. La decisione finale, che sarà assunta dal Comitato intergovernativo dell’Unesco a New Delhi, dall’8 al 13 dicembre, se confermata, decreterebbe un risultato senza precedenti: la cucina italiana, infatti, sarebbe la prima al mondo ad ottenere il riconoscimento Unesco nella sua interezza. Cosa significa questo primo via libera? Che il dossier è coerente con i principi dell’Unesco, così come evidenziato da Pier Luigi Petrillo, professore della Luiss Guido Carli, curatore della candidatura presentata due anni fa dai ministeri di Cultura e Agricoltura. Nessuna illusione fino a che il risultato non sarà portato a casa, certo, ma tanta speranza.
Come detto, a differenza della pizza napoletana, già riconosciuta nel 2017, la candidatura della cucina italiana riguarda il suo intero modello culturale: l’insieme di pratiche, tradizioni, gesti e conoscenze che si tramandano di generazione in generazione, noti e apprezzati in tutto il mondo. in caso di esito definitivo, l’Italia aggiungerebbe così un nuovo riconoscimento a quelli già ottenuti in ambito culturale e gastronomico, rafforzando ulteriormente il ruolo dell’Italia nella tutela e nella promozione delle tradizioni alimentari nel mondo. Ad oggi, il Bel Paese è il primo per numero di elementi iscritti all’Unesco. Tra quelli immateriali, nello specifico, sono da ricordare la dieta mediterranea, l’arte dei pizzaioli napoletani, il Canto a tenore sardo, l’Opera dei Pupi siciliana, la Transumanza, la vite ad alberello di Pantelleria, la Perdonanza Celestiana dell’Aquila. Tradizioni culinarie specifiche o riti alimentari regionali, dunque, mai prima d’ora l’intera cucina italiana. Ecco perché, se a dicembre dovesse andare in porto la candidatura, ci sarebbe da festeggiare il grande traguardo della cucina italiana come prima cucina al mondo a ottenere il riconoscimento nella sua totalità, in virtù della sua storia millenaria, ancora oggi biglietto da visita dell’Italia nel mondo. «È bellissimo vedere l’interesse con il quale viene seguito il percorso di riconoscimento della cucina italiana a patrimonio dell’Unesco» ha commentato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, che tuttavia ha invitato tutti alla calma e a conservare le energie perché «c’è da compiere ancora qualche passo. E mentre l’Italia vanta già ben venti riconoscimenti nella lista dei beni immateriali Unesco e, a livello mondiale, è al secondo posto dopo la Turchia in fatto di riconoscimenti in campo agroalimentare, Petrillo ha ricordato come l’inserimento nella lista Unesco oltre a riconoscere la cucina italiana possa anche fungere da volano per le attività ricettive, come avvenuto nelle Langhe e a Monferrato, diventati sito Unesco nel 2014, che hanno visto crescere la media annua dei posti letto del 23 per cento.
«Come ministero e come governo Meloni, ci siamo impegnati quotidianamente, anche col coinvolgimento delle nostre ambasciate, nel dare visibilità alla nostra cucina. Con l’obiettivo dichiarato di raggiungere un traguardo ambizioso, che renderà il giusto merito alle nostre tradizioni agroalimentari, alla nostra cultura e alla nostra storia» ha concluso il sottosegretario all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste Patrizio La Pietra.















