Sabato 06 Settembre 2025 | 12:51

Il super modello di Castellaneta e il legame con Giorgio Armani: «Un maestro di stile e di vita»

 
maristella massari

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Fabio Mancini aveva meno di vent’anni quando fu scelto per la prima volta dallo stilista di Piacenza

Sabato 06 Settembre 2025, 04:00

C’è un filo sottile intessuto di emozione e gratitudine, che unisce Castellaneta a Milano, la Puglia alla capitale della moda. È il filo della memoria e dell’affetto che lega Fabio Mancini – uno dei volti maschili più iconici di Giorgio Armani – all’uomo che per lui non fu solo un maestro di stile, ma un vero secondo padre.

«L’ho conosciuto che ero poco meno ventenne – racconta – e con lui ho lavorato fino ai 37. Armani non è stato soltanto il mio datore di lavoro: è stato quasi un padre. Mi ha insegnato che l’eleganza non è una posa, ma un modo di vivere. Mi ha trasmesso valori che restano scolpiti: rispetto, disciplina, puntualità, gentilezza».

Un ricordo che si fa testimonianza di vita. Mancini per la maison di re Giorgio è l’uomo dei record. Vent’anni di lavoro insieme, quasi cinquanta sfilate, una dozzina di campagne pubblicitarie. Numeri che nessun altro modello può vantare in via Borgonuovo. Ma Mancini, con la sua profonda e consapevole umiltà pugliese, rifiuta l’etichetta di «icona Armani» per sé: «L’icona era e resta lui. Io sono stato il suo top model, forse il più rappresentativo, ma l’icona è Giorgio Armani».

La sua storia sembra una favola moderna. Un ragazzo nato in Germania da padre pugliese e madre indiana, cresciuto vicino a Milano, che porta in passerella il sangue di due mondi. Lo ricorda con affetto: «La prima volta che lo incontrai indossavo dei pantaloni indiani, dono di mia madre. Tutti li criticavano, ma lui mi fermò: “Sono bellissimi”. In quel gesto c’era già la sua grandezza: non vedeva solo l’abito, vedeva la persona».

E poi c’è la carezza che resta impressa nella memoria. «Avevo 18 anni, stavo per scendere in passerella accanto ai top model più famosi del mondo. Lui si avvicinò, mi mise la mano sul viso e disse: “Ricordati che ora rappresenti l’Italia”. In quel momento sentii tutto il peso e l’onore di portare sulle spalle la nostra bandiera».

Nel suo ricordo torna la disciplina che Armani pretendeva: «Il signor Armani mi ha sempre detto: devi essere il primo che arriva al lavoro e l’ultimo che se ne va, poi nella tua vita privata fai quello che vuoi». Un’etica del lavoro che è diventata stile di vita, marchio indelebile per chi ha avuto la fortuna di imparare alla sua scuola.

E se Armani è stato il maestro, la Puglia è stata la radice. Un’eredità che Mancini rivendica con orgoglio: «Per me non è una soddisfazione personale, è una soddisfazione per la mia famiglia e per la mia terra. La Puglia è fatta di lavoro duro, di stacanovismo ereditato dai nonni, etica del lavoro, di accoglienza e gentilezza. Quei valori sono entrati in me e Armani li ha riconosciuti. La nostra terra sa donare bellezza, rigore, capacità di abbracciare culture diverse. Credo che Armani abbia colto proprio questo». Oggi Fabio Mancini torna spesso a Castellaneta, accanto al nonno anziano, custode di una memoria contadina che ha insegnato al nipote il senso profondo del lavoro e della famiglia. «Mi ha sempre detto che il valore delle persone conta più del denaro. L’ho ritrovato nelle parole e nell’esempio di Armani. Per questo oggi sento il dovere di portare nelle scuole i suoi insegnamenti: educazione, rispetto, etica del lavoro, gentilezza». Fondatore del «Fabio Mancini European School Project», il top model è promotore di valori positivi tra i giovani nelle scuole, coinvolgendoli in iniziative sulla salute mentale giovanile. Non è solo un progetto il suo, ma una missione di vita. Perché l’eleganza, quella vera, non è l’abito che si indossa, ma il modo di muoversi nel mondo, di trattare gli altri, di comunicare con autenticità. È questo il lascito che Mancini porta con sé, tra passerelle e aule scolastiche, tra Milano e Puglia. Grazie agli insegnamenti di Armani, Mancini è diventato il portabandiera della gentilezza.

E quando ripensa al suo maestro, l’immagine che custodisce è sempre la stessa: una carezza, un invito a camminare con dignità, la certezza di rappresentare un’Italia che Armani ha vestito con sobrietà e reso grande nel mondo. «Per me resterà sempre un secondo padre. E porterò la sua lezione con me, ovunque».

Nel silenzio che segue la scomparsa del re della moda universale, la voce di Fabio Mancini – figlio di due terre, la Puglia e l’India – diventa il ponte che unisce radici e futuro, ricordo e speranza. Perché Armani, come lui stesso dice, non è stato solo un’icona di stile: è stato, e resterà per sempre, un maestro di vita.

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