Santeramo in Colle - Pietre, «casedde», casolari, paesaggi naturali e antropici, che vediamo in alcune scene di film famosi, possono «nascondere» dietro mentite spoglie la nostra terra: l’arida e assolata Murgia. Il cinema spesso ha scelto l’agro santermano, ricco di antiche masserie, di paesaggi arcaici e di folti boschi, e soprattutto pieno di suggestioni.
Era il lontano 1968 quando Mario Monicelli scelse appunto la campagna santermana e in particolare una delle sue antiche masserie per girare alcune scene della celebre commedia «La ragazza con la pistola», protagonista Monica Vitti. E fu proprio questo lungometraggio a segnare la svolta per la carriera della Vitti, impegnata sino allora prevalentemente in ruoli drammatici dopo essere stata scoperta da Michelangelo Antonioni.
Monicelli intravide le sue doti di attrice comica e ironica, facendola diventare colonna portante del genere «commedia all’italiana». Ripercorriamo quella tappa santermana della grande attrice con Gianni Stano, già dirigente comunale e caporipartizione ai Servizi sociali, scolastici e culturali, in pensione da anni, appassionato di storia locale e di cinema.
«A Santeramo - racconta - nel secondo dopoguerra c’erano tre sale, cioè il cinema Enal, lo Japigia e Puglia-Arena, attiguo a Palazzo Marchesale. In quegli anni era tanta l’affluenza degli spettatori, disposti spesso e volentieri ad assistere alla proiezione in piedi». Nitido nella memoria dell’allora giovanissimo cinefilo Stano il momento dell’arrivo della squadra di Monicelli: «Sarà stato per la bellezza del paesaggio con panoramica mozzafiato sui monti lucani che nel lontano 1968 la troupe cinematografica arrivò qui a Santeramo a girare alcune scene del bellissimo film “La ragazza con la pistola”, interpretato dalla bellissima Monica Vitti, allora 37enne, diretta da un Monicelli che a 53 anni era già un monumento dell’arte italiana», racconta Stano.
La storia è ambientata in Sicilia ma la produzione la «camuffò» con gli scenari pugliesi. Infatti il paesino siculo che appare nella scena iniziale è in realtà Polignano a Mare. «Da Polignano - continua il nostro testimone - il set si spostò qui a Santeramo nella masseria Iazzone, per registrare le scene successive al rapimento per errore, quando la protagonista Assunta Patanè (appunto la Vitti, ndr), sedotta e abbandonata, è sola in quel casolare, mentre il seduttore Vincenzo Macaluso (impersonato dall’indimenticabile Carlo Giuffrè) è fuggito per paura nel Regno Unito dove poi la ragazza con la pistola lo inseguirà per vendicarsi», riassume Stano.
Il resto della storia si dipana nella nebbiosa Inghilterra.
L’antica masseria Iazzone, affacciata sul Parco dell’Alta Murgia, si trova sulla provinciale per Altamura, a circa cinque chilometri dall’abitato di Santeramo.
La notizia della presenza in zona di Monica Vitti, la brava e brillante attrice romana, non lasciò indifferente Gianni Stano che fece di tutto per vederla e riuscì a ottenere da lei un autografo che tuttora custodisce gelosamente. «Me lo scrisse su questo jolly a colori delle carte da poker - rammenta Stano mostrando il cimelio con emozione -. Infatti non avevo con me la macchina fotografica e volevo vincere la scommessa di incontrarla a ogni costo».
Fu complicato? «Abbastanza. Pensi che per arrivarle vicino dovetti scavalcare un muretto a secco. Caddì tra i rovi, per fortuna nulla di grave, solo qualche graffio alle gambe. Mi lacerai però completamente i pantaloni - sorride -. Ma ne valse la pena. Mi guardavano un po’ incuriositi un po’ sbalorditi il grande maestro Monicelli e i suoi collaboratori. La bellissima Monica era lì nell’aia, al sole, durante una pausa della lavorazione. La grande Vitti giocherellava con un agnellino in braccio e gli dava il biberon. Che dire? Una scena stupenda, un sogno diventato realtà - confessa -. Una meravigliosa scena bucolica, adatta a un pittore».
Immagino la sua gioia. «Sì, sì - ammette Stano -, quel pomeriggio me ne tornai a casa molto, molto felice per aver incontrato per la prima volta, viso a viso, una diva del cinema. Si può dire che anche la nostra Murgia è stata nobilitata da quei ciak che l’hanno fatta rimbalzare in centinaia di sale cinematografiche».
In quale sala assistette alla proiezione? «Allo Japigia. Fu un’emozione unica. Un pienone, fece il tutto esaurito anche a Santeramo». Del resto, la pellicola diretta da Monicelli ottenne prestigiosi riconoscimenti: nel 1969, oltre alla candidatura all’Oscar come miglior film straniero, ottenne due David di Donatello al migliore produttore (Gianni Hecht Lucari) e all’attrice protagonista (la Vitti) e due Nastri d'argento alla Vitti e all’autore del soggetto Rodolfo Sonego.
Tra i ruoli decisamente minori del film, quello del fidanzato di Assunta che, appreso il rapimento-fuitina ad opera di Macaluso la lascia, fu interpretato da Vincenzo Barile, oggi avvocato penalista 72enne, in precedenza dipendente amministrativo della Edisud-La Gazzetta del Mezzogiorno. Fu reclutato per le riprese a Polignano a Mare, dove come abbiamo detto era ambientato il fantomatico paesino siciliano della trama.
Barile racconta: «Credo che fosse l’autunno del ‘68. Infatti le lezioni universitarie erano cominciate da poco, dopo la pausa estiva. Noi studenti quel giorno eravamo fermi in gruppo davanti a Giurisprudenza, all'uscita dalla lezione di Diritto privato del celebre professor Nicolò Lipari. Io - ricorda - avevo un paio di baffoni neri, per darmi un tono di “persona grande'', quando mi sentii guardato insistentemente da un uomo alto e distinto. Equivocavo e stavo per mandarlo al diavolo quando questi si presentò come ''l'aiuto di Monicellli'' e mi disse che c'era la possibilità di una parte in un nuovo film del regista e che c'era da fare una selezione».
Un incontro davvero inaspettato per lo studente barese appena ventenne. «Sempre equivocando - continua l’avvocato Barile - rifiutai tra la delusione e l'invidia dei colleghi e colleghe che non facevano altro che mostrare muscoli e curve. Dopo un paio d’ore, mentre rientravo solo a casa, vidi in corso Vittorio Emanuele, all'angolo del hotel Palace e che mi correva incontro, il signore di prima sul quale avevo equivocato, che mi disse che il dottor Monicelli mi voleva conoscere e così fu. Andai al Palace e il grande regista, dopo avermi conosciuto, mi disse di presentarmi la mattina presto del giorno dopo a Polignano. Così per qualche giorno ho fatto il pendolare alla guida della Fiatt 1100R di mio padre che non faceva altro che prendermi in giro».
Ecco il momento più emozionante: «Fui presentato a Monica Vitti, una signora e, a mio avviso, l'unica». Come andarono le riprese? «È stata un'esperienza di uno squallore unico. L'opposto di quel mondo dorato che, specie noi giovani, immaginavamo. Una delusione totale - afferma - soprattutto perché mi trovai con gente pronta a tutto pur di comparire». In effetti la lavorazione di un film è un grande «cantiere», ed è poi il montaggio finale a restituire la dimensione poetica. Vide il film? «Sì, certo, nascondendomi nel cinema, con mia madre».