Venerdì 05 Settembre 2025 | 23:51

A Molfetta la mostra fotografica «’70 – beauty around me» dell’architetto Bruno Ficele

 
Claudio Mezzina

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Claudio Mezzina

L’esposizione sarà visitabile fino al 24 maggio

Domenica 18 Maggio 2025, 17:06

17:17

MOLFETTA - Nella serata di ieri, sabato 17 maggio, ospitata dalla Galleria “54artecontemporanea” di Molfetta (l’esposizione sarà visitabile fino al 24 c. m.), ha preso abbrivio la mostra fotografica dal titolo “’70 – beauty around me” dell’architetto Bruno Ficele. Una mostra a un tempo estremamente vitale e intima, uno scrigno di ricordi riuscito nell’intento di abbracciare, fermare gli spasimi di un’epoca di grande subbuglio, di irrevocabile smagliatura quale è stata quella dei ’70.

All’interno degli scatti analogici, giovinezza spadroneggia senza un filo di trucco borghese, nell’impeto, nel sommovimento di chi ha fede, desiderio di sparigliare le carte in tavola, di dire la propria attraverso e sulle cose. E così ci s’imbatte in un Emilio Vedova, esponente pittorico di spicco dell’arte informale, sornione, antico, con alle spalle una lavagna vergata da una formula matematica, in Luigi Carluccio, noto critico d’arte che adocchiò il talento del giovane Ficele, in fotografie scattate ad amici alla Biennale d’arte di Venezia del ’78, con alle spalle il motto beffardo di Giuseppe Chiari «L’arte è una piccola cosa».

Il passo è breve, poi, tra la passione per l’arte e quella per Antonella, consorte di Ficele, catturata nei suoi vent’anni, agli albori di un amore senza fine, ispirato il picture- taker dalla ritrattistica slegata e leggera di Ugo Mulas. Ci sono poi mezzi busti efebici i cui sguardi fremono di una luce oscura, amici ritratti in occhialoni stile Bowie, in pose a metà fra il grottesco, l’assorto e il faceto come in certe fotografie di Dino Ignani, pellicole che imprigionano l’evanescenza di un corpo sempre più grintoso, irrefrenabile, fulmineo riportando alla mente, come appunta nella brochure della mostra il Prof. Andrea Attardi (cattedratico di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Roma), «la potenza espressiva del fotodinamismo futurista dei fratelli Bragaglia».

Di pregio le vedute urbane, modellate seguendo i dettami di Gianni Berengo Gardin e Arturo Zavattini, che scongelano innanzi ai nostri occhi un Sud in pieno cambiamento, ormai non più consunto dalla dimenticanza, non più primitivo fino al globulo, ma neanche cittadino; quieto negli scorci mercatali, nelle sporte, negli sguardi genuini; a metà fra l’alfetta e il calesse. In chiusura, il pezzo forte di questa ricerca fotografica, molto apprezzato altresì dal poeta lucano Alfonso Guida, altro recensore della mostra in dépliant: una mattanza di uomini, adagiati sui banconi in pietra della piazza del pesce di Molfetta, chiostro di un antico monastero francescano.

Questi corpi, nudi come quelli degli abitanti del mare, vengono ritratti abbandonati come relitti di ruggine, pesci più grossi per un più grosso predatore, vita tolta a sé stessa sotto l’occhio di un gigante che ci guarda dibattere nel fondo di questa pozzanghera di cui l’acqua è il cielo e il fondale il mondo.

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