Nonostante le avverse e vacillanti condizioni meteorologiche, questa notte, come da consuetudine secolare, occorrerà per le vie di Molfetta la sentitissima processione dei “Cinque Misteri dolorosi”, scrupolosamente coordinata dall’Arciconfraternita di Santo Stefano “dal Sacco Rosso”; la più antica organizzazione confraternale molfettese (le prime testimonianze ufficiali concernenti la pia congrega risalgono alla metà del XV secolo, ma si suppone che gli albori della stessa siano da far risalire al tempo degli Ordini Ospitalieri).
Alle ore 03.15, «stradari» acconciati a lutto (dal frac alla redingote, con cilindro ottocentesco), paliotto dell’Arciconfraternita, croce e due argentei lampioncini barocchi a braccio varcheranno la soglia della chiesa di Santo Stefano, soavemente accompagnati da “U Varcheceddare” (il barcarolo) di Vincenzo Valente, una delle più commoventi marce funebri della tradizione cittadina.
A seguire, alle ore 03.30, principierà il cammino del “Cristo orante nel Getsemani”, portato a spalla dai congregari della Confraternita di Maria SS. Assunta in Cielo. Unico simulacro dei cinque lignei, comunemente denominato altresì «Cristo all’orto», non originale; fedelmente ricostruito dal maestro Gaetano la Rocca nel 1858, causa copiosa intarlatura.
Sfilano, poi, sulle note de “La Maledetta” di Giovanni Petrucci, il “Cristo della flagellazione” che segue il millimetrico passo dei confratelli della Madonna del Buon Consiglio, l’“Ecce homo” della derisione, affidato alla cura dei fedeli della Confraternita della Purificazione di Maria ed il “Calvario”, il cui peso grava sulle spalle degli affiliati alla Confraternita della Beata Vergine Maria della Visitazione, denominati in vernacolo «Səssrrist».
Alle 04.00 del mattino in punto, nel buio più silente, con le sole fiaccole ad illuminare il «pronao» della chiesa e sulle note de “U Conzasiegge” (figura storica scomparsa il cui compito era quello di «cunzare», riparare le sedie di una volta, in legno e vimini) di Valente, ecco comparire coram populo, già riposto sulla pietra che ne vedrà la risurrezione, il “Cristo Morto”. Statua accoratamente condotta in processione dai confratelli di Santo Stefano, adornata con un drappo cobalto su cui vi si colgono, ricamate d’oro, alcune stelle cingenti le insegne della Passione, ed attorniata da sei lucerne più l’ostensorio con all’interno un frammento, così il credo vuole, della Croce del Golgota.
Il caratteristico baldacchino e il complesso bandistico chiudono il corteo funebre, ritmando l’anima degli appassionati mentre ad annunziare la processione, innanzi a tutti, si posiziona la «Bassa Musica» che, riportando melodie ataviche ed orientaleggianti, equilibra con precisione metronomica l’andamento delle statue.
Il corteo processionale, coi suoi colori cangianti, intriso di fede ed emozione, attraversa la città vecchia, incede sui principali assi viari del paese (Piazza Paradiso, Piazza Immacolata, Corso Margherita di Savoia, Piazza Garibaldi) per poi fare ritorno in chiesa, sulle note del “Palmieri” (dal nome del compositore) alle ore 13:00 circa.
Affascinanti, per concludere, le ultimissime proposizioni concernenti autore e periodo di realizzazione dei Misteri, «non ottocenteschi», conservatisi. La vulgata vorrebbe le quattro statue lignee, tutt’ora adespote, opera (siamo sempre nel contesto storico controriformistico) di uno scultore veneziano del Cinquecento, Giacomo Fielle. Proseguendo negli studi, osteggiati dalla penuria di documentazione, si era giunti poi ad attribuire la paternità dei simulacri ad un seguace di Michelangelo Naccherino (artista attivo nel regno di Napoli e di Sicilia a cavallo fra XVI e XVII sec.), epitetato quale «Maestro del Gesù alla colonna». Un ultimo studio condotto con dovizia di particolari dallo storico dell’arte Francesco di Palo (vedasi “Anellus Stellato fecit”, Claudio Grenzi Editore, 2023), a fronte di una serie di confronti effettuati con altri simulacri lignei di scuola napoletana disseminati nel Sud Italia, vorrebbe le statue, tanto care alla confraternita dalla rossa feluca annodata al cinto, creazioni scultoree di Aniello Stellato, allievo di Nunzio Maresca, maestro scultoreo napoletano attivo nei primi decenni del XVII secolo. Straordinaria risulta la somiglianza, nel parallelo con opere dello Stellato, nelle damaschinature degli abiti. Ma nulla di effettivamente certo, ancora una volta, corrobora quest’ultima, intrigante, tesi.
Dunque, «il mistero dei Misteri» resta e, insoluto, conferisce ulteriore bellezza a questo patrimonio religioso, culturale, artistico e folkloristico senza età, privo di difetti, unico nel suo genere.
L’attesa è cominciata. Buona Settimana Santa.