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Nicola Simonetti
16 Dicembre 2017
Il seme maschile, precoce «sentinella» della salute ambientale e globale, nei Paesi occidentali, si è impoverito, negli ultimi 40 anni, di oltre la metà (-59,3%) degli spermatozoi in esso contenuti. Ne deriva che circa il 35% dei casi di infertilità ha una causa maschile.
La situazione è più accentuata nelle zone a rischio come l’Ilva di Taranto e la Terra dei fuochi dove si rileva anche alterazione del Dna degli spermatozoi stessi.
È stato comunicato al I Congresso SIRU (Soc. it. riproduzione umana), in corso a Roma, dal presidente dr Luigi Montano, che ha puntato il dito su sostanze chimiche presenti nell’ambiente (metalli pesanti, diossine, ecc.) e, negli alimenti (pesticidi) ma anche sugli stili scorretti di vita, inquinamento elettromagnetico capaci di ridurre il numero degli spermatozoi ed alterarne il Dna.
Lanciato, da Montano, il progetto interdisciplinare e multicentrico di biomonitoraggio umano (EcoFoodFertility) sulle problematiche nei territori a rischio. Si vuole “valutare con più precisione l’impatto che l’ambiente, l’alimentazione e lo stile di vita hanno sulla salute umana, per avviare, in attesa dei tempi lunghi del risanamento ambientale, attività concrete ed immediate di prevenzione primaria attraverso regimi alimentari e modifica degli stili di vita che favoriscano la detossificazione naturale (“bonifica”) dell’uomo nelle aree inquinate a salvaguardia della salute riproduttiva e globale".
I primi dati pervenuti dimostrano che anche il dna spermatico, parametro seminale che risente più precocemente del danno ambientale, alterato del 35% circa, prsenta danni significativamente maggiori nei soggetti residenti in Terra dei Fuochi e Taranto rispetto a quelli di Palermo e del salernitano.
Il Progetto dimostra come la sensibilità del seme all’inquinamento stia aprendo nuovi scenari nella valutazione dell’impatto ambientale sulle popolazioni che vivono in aree a rischio, con applicazioni, in programmi innovativi, di sorveglianza sanitaria e misure di prevenzione primaria, nell’ottica del concetto della “One Health”. Il progetto si sta già estendendo anche alla popolazione femminile.
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