Epilessia un “male” neurologico che si manifesta, di solito, entro i 12 anni di età. In Italia si registrano circa 500-600 mila casi. Se si interviene con una corretta e precoce diagnosi ed una terapia adeguata la patologia può essere tenuta sotto controllo in circa il 70% dei casi, ma il restante 30% ha purtroppo una forma farmacoresistente, di cui solo una parte può essere trattata chirurgicamente. Sono proprio i bambini i più colpiti dall’epilessia. Questa, seppur si possa presentare a qualsiasi età, nella grande percentuale dei casi, si manifesta entro i 12 anni. Comunque, stop a paure e pregiudizi: nella maggior parte dei casi, i giovani con epilessia non hanno ritardi di apprendimento, deficit cognitivi o difficoltà relazionali.
“Chi vive con l’epilessia, specie i bambini, risente delle paure degli altri. Prioritario – raccomanda la Lega italiana contro l’epilessia (Lice) - evitare isolamento e non inclusione”. Le difficoltà della frequenza scolastica di questi bambini/ragazzi inquieta specialmente i docenti dei quali più di uno 2, il 64% del totale, non saprebbe comportarsi in modo corretto nel caso uno dei suoi studenti avesse una crisi in aula. Secondo un recente monitoraggio della LICE, il 44% degli insegnanti ha o ha avuto nella propria classe un bambino o ragazzo con epilessia, ma solo nei 2/3 dei casi, essi ne erano stati informati dalla famiglia, a riprova della difficoltà dei genitori di parlare della malattia”. Un personale adeguatamente formato – dice la prof. Laura Tassi, presidente della LICE - sarebbe in grado di assistere in maniera adeguata ed efficace un’eventuale crisi che dovesse manifestarsi in classe e, all’occorrenza, somministrare i farmaci salvavita a questi bambini e ragazzi. Si tratta di rafforzare un percorso virtuoso ancora poco efficace, che vede una collaborazione più stretta tra medico epilettologo, la famiglia e gli insegnanti.
Non c’è l’obbligo, infatti, da parte del personale scolastico di somministrare farmaci, ma solo una raccomandazione confermata dalle linee guida adottate a livello nazionale e regionale. Troppo spesso invece, in caso di crisi, viene chiamata l’ambulanza”. “Esistono e sopravvivono ancora troppi falsi miti e luoghi comuni legati all’epilessia e alle crisi epilettiche soprattutto – chiarisce il prof. Oriano Mecarelli, past president LICE – su cosa fare quando si assiste ad una crisi convulsiva ed anche sulle presunte conseguenze che questa condizione avrebbe sulle capacità cognitive di un bambino. Questa condizione, infatti, risente moltissimo dei pregiudizi e delle paure degli altri ed è ancora diffusa, per esempio, l’idea che l’epilessia riduca la capacità di apprendimento, che questi bambini e ragazzi necessitino di un supporto scolastico, che possano avere disturbi del comportamento o problemi di relazione con gli altri. Nella maggior parte dei casi non è così, tranne che nelle forme più gravi, l’epilessia non incide sulle capacità di apprendimento o su quelle relazionali, ed il bambino può prendere parte a tutte le attività che vengono svolte in classe e fuori classe”.
COSA FARE IN CASO DI CRISI A SCUOLA? Il 90% delle crisi dura meno di 2 minuti. In alcuni casi possono durare di più ma solo molto raramente è necessaria un’assistenza medica urgente e il ricovero in ospedale. Chiamare un’ambulanza non è quasi mai necessario, mentre la priorità per chi assiste ad un episodio convulsivo è quella di non commettere errori nei soccorsi. La maggior parte degli episodi non necessita di manovre particolari, ma solo della vicinanza al bambino durante l’episodio critico e subito dopo, in attesa che egli si riprenda. La classe va tranquillizzata ed invitata a prendersi cura del compagno insieme all’insegnante. Nei casi, invece, in cui le crisi comportino una caduta a terra, rigidità, scosse agli arti e forte salivazione, NON introdurre le mani o un oggetto nella bocca perché pericolosa sia per chi la pratica che chi la subisce. È un falso mito, infatti, che vi sia necessità di afferrare la lingua ed estrarla dalla bocca, pena la sua discesa verso le cavità aeree rendendo così impossibile il respiro. È anche errato trattenere o cercare di immobilizzare il bambino, pensando di arrestare o di rendere la crisi meno forte. È invece consigliabile mettere qualcosa di morbido sotto il capo per evitare eventuali contusioni, togliere gli occhiali, slacciare vestiti stretti e girare il paziente su un fianco appena possibile per facilitare la respirazione e la fuoriuscita della saliva. Bisogna poi attendere che la crisi si concluda e offrire sostegno ed aiuto.