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La Festa del Lavoro? Una Messa cantata

 
Liborio Conca

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La Festa del Lavoro? Una Messa cantata

Ma a Taranto rivendicazioni più dirette rispetto ai generici appelli romani alla pace nel mondo

Mercoledì 03 Maggio 2023, 11:13

È da sempre diffusa in tutto il Paese, ma nel tempo la festa del Primo Maggio si è ritagliata alcuni centri ideali attorno a cui ruotare. I cortei dei sindacati confederali, una volta al Nord e una al Sud (quest’anno Cgil, Cisl e Uil erano a Potenza). Le città con i propri luoghi simbolo: le fabbriche e i campi, da Torino a Portella della Ginestra. Dal 1990, poi, piazza San Giovanni a Roma è il palcoscenico del concerto sotto le bandiere dei sindacati, diventato presto il concertone per antonomasia.
Tredici anni più tardi, a Taranto, ecco un nuovo palco. Meno caciara, più questioni da sollevare, nella città simbolo della contraddizione storica tra diritto al lavoro e alla salute, tra uno stipendio per campare e l’ambiente dove poter crescere e respirare. Lontani dalla retorica che nel frattempo ha finito per circondare la piazza romana.

Nata per essere una giornata intera di musica e (più o meno) militanza, la piazza di San Giovanni ha visto alternarsi praticamente tutti i big della musica italiana, da Vasco Rossi a Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia, Pino Daniele e le nuove leve nel frattempo non più nuove leve come Carmen Consoli o Daniele Silvestri, fino agli ultimissimi Carl Brave o Tananai. Tre generazioni abbondanti di cantanti italiani, oltre a qualche rockstar internazionale da iscrivere alla categoria pesi massimi. Lou Reed, che nel 1994 iniziò il set suonando «Sweet Jane»; ma anche, in edizioni sparse, Nick Cave, Oasis, Iron Maiden, Blur, Radiohead. Ecco, questa grandeur internazionale è andata calando man mano che i costi crescevano e il budget diminuiva; di pari passo, il concertone di San Giovanni è diventato sempre più momento atteso, rituale; vista la location, proprio sul sagrato di quella che è la Cattedrale di Roma, si farebbe presto a dire: messa cantata.

Del resto, le pagine dedicate agli esteri dei quotidiani il primo maggio 1990, giorno del battesimo del concertone, raccontavano come dall’Urss «la protesta del Primo maggio contro Gorbaciov era organizzata con un obiettivo preciso: portare mezzo milione di persone sulla piazza Rossa, per convincerle ad assaltare il Cremlino e la sede del Kgb». A Palazzo Chigi Giulio Andreotti guidava il suo penultimo esecutivo, mentre i Pooh avevano vinto il Festival di Sanremo con Uomini soli e la nazionale italiana di calcio si apprestava a non vincere i mondiali casalinghi. Sì, il Napoli avrebbe conquistato lo scudetto, e qui incredibilmente tutto torna.

Ecco, di elementi di continuità tra la San Giovanni del 1990 e quella del 2023 ce ne sono ben pochi. Le bandiere al vento dei quattro mori sardi, perché anche quelle rosse sono sempre meno, e non soltanto per via della pioggia. Pioggia a Roma e pioggia a Taranto, talmente tanta da costringere gli organizzatori dell’ultimo «Uno maggio» a interrompere le esibizioni all’aperto. Tirato su dall’impegno di un gruppo di attori, cantanti, artisti e più in generale attivisti, l’Uno maggio è presentato con orgoglio come un concerto da non «mettere a confronto con altri che si realizzano in giro per l’Italia. Nessun cantante quel giorno percepirà un cachet proprio perché non vengono per intrattenere ma per stringersi intorno ad una lotta». Mentre la messa cantata continua a scorrere, a Taranto le rivendicazioni sono più dirette, meno fumose rispetto a generici appelli tipo pace nel mondo o lotta al precariato; e fintantoché la guerra sarà abolita e il precariato cancellato, almeno lasciateci l’aria.

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Liborio Conca

Roma, Sud

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La Puglia è uno stato d'animo. La si ritrova ovunque anche nella Capitale: ed ecco che tra ulivi sempiterni e luoghi del cuore si possono scovare angoli pugliesi anche a Roma.

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