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Bianca Chiriatti
15 Giugno 2020
«Il fatto che il femminismo sia spesso appannaggio delle sole donne mi dà fastidio. Una lotta per i diritti o è di tutti o di nessuno». È questo che ha spinto il cantautore tarantino Emanuele Barbati a dedicare il nuovo singolo Libera alla forza tutta femminile di resistere alle ingiustizie della società moderna. Il brano, uscito per l’etichetta luovo, edito da iCompany e distribuito da Artist First, sostiene Amref Italia e la onlus tarantina Alzàia, impegnata nella prevenzione della violenza sulle donne. E da oggi è accompagnato anche da un toccante video, che ripercorre le fasi della crescita di ogni bambina.
Barbati: un uomo che canta la forza femminile, scelta non comune...
«Ho sempre voluto scrivere un brano che parlasse di una donna ispiratrice, di quelle che ti cambiano positivamente, ti fanno venire voglia di essere come loro. Posso solo immaginare la sensazione di quanto talvolta sia difficile essere donna in una società ancora molto maschilista, e volevo dare un contributo alla causa, da uomo»
Contributo anche benefico.
«Con Amref abbiamo deciso di promuovere attraverso Libera il progetto del Liceo Scientifico Femminile “Wish” (Women in School for Health), a Maridi, nel Sudan meridionale, dove solo lo 0,2% delle donne ha accesso all’istruzione, la percentuale più bassa al mondo. Alzàia invece l’ho scelta per far arrivare il messaggio anche sul territorio. È una onlus che fa parte della rete D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), e le persone che ci lavorano e gestiscono situazioni difficili sono rimaste piacevolmente colpite da tanto interesse da parte di un uomo».
Qualche esempio di “donna ispiratrice”?
«Mi piacciono molto i musicisti, di qualsiasi sesso, che si impegnano nel sociale, per me l’artista non può prescindere dal lanciare messaggi potenti. Come quello di Kathleen Hanna, leader delle Bikini Kill, icona del femminismo punk, che dal palco chiese ai maschi presenti al suo concerto di “fare un passo indietro”, per lasciare le prime file alle donne, che nella calca rischiavano di essere schiacciate e tornare a casa con qualche osso rotto. È il coraggio della rivoluzione, della lotta».
Lo stesso “seme di rivoluzione” da proteggere quando nasce una donna, come si vede nel video di “Libera”?
«Raccontiamo con un susseguirsi di clip le fasi di crescita di alcune ragazze, dall’abbraccio con la mamma in sala parto, all’arrivo nel pieno della giovinezza, attraverso i primi passi, il primo giorno di scuola. Abbiamo usato un collage di immagini con materiale amatoriale e d’archivio, tutto prodotto durante il lockdown, come il brano».
E a proposito di lockdown, che cosa ha imparato Emanuele Barbati da questo periodo?
«Che nessuno può sentirsi troppo lontano da ciò che accade dall’altra parte del mondo. Sono diventato anche più ambientalista: tutto quello che facciamo ha ripercussioni, a volte anche grandi e negative. Probabilmente la vita che conducevamo non è più sostenibile».
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