BARI - E' durata oltre quattro ore l'audizione di Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, davanti alla commissione parlamentare Antimafia. Il governatore è in aula a Palazzo San Macuto dove ha svolto una relazione per rispondere poi alle domande dei commissari. Emiliano ha spiegato in sostanza che l'incontro con la sorella del boss Tonino Capriati serviva a far capire al clan egemone della Città vecchia "che l'aria era cambiata, che non comandavano più loro". E sul caso dei messaggini mandati all'ex assessore Alfonsino Pisicchio la mattina dell'arresto ("L'indagine su di te ha ripreso vigore, dimettiti o ti revoco") ha risposto che non c'è stata alcuna fuga di notizie, spiegando però che la questione non fa parte del tema dell'audizione i commissione.
Durante una manifestazione pubblica (il 23 marzo 2024) il governatore Michele Emiliano aveva detto di avere accompagnato anni fa Antonio Decaro (allora assessore della giunta comunale di Emiliano) a casa della sorella del boss di Bari vecchia, Tonino Capriati, a seguito di minacce ricevute da Decaro in occasione di un sopralluogo nel quartiere. Emiliano ha riconosciuto davanti alla commissione che «quell’episodio avrei potuto raccontarlo meglio».
«La mia attività da magistrato - ha esordito Emiliano - mi ha portato a venire a conoscenza di molti aspetti dei fenomeni criminali pugliesi e baresi in particolare, anche perché 20 anni si utilizzano tecniche di monitoraggio molto diverse di oggi». «Una delle ragioni che mi spinse a candidarmi a sindaco di Bari nel 2004 - ha aggiunto - era la constatazione che era stata fatta una delle più compiute opere di bonifica della storia italiana», ricordando di aver lanciato una volta diventato sindaco una Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata e che dal 2007 la giunta comunale stabilisce la costituzione di parte civile in tutti i procedimenti contro i clan. Emiliano ha poi illustrato un elenco di tutti gli immobili confiscati ai clan e riassegnati al Comune di Bari («Uno degli ultimi è stato inaugurato dal ministro Piantedosi»), compresi quelli una volta appartenenti al clan Capriati cioè quello per il quale è partita la richiesta di audizione.
«BARI VECCHIA A QUEI TEMPI ERA SCIPPOLANDIA»
«Bari vecchia aveva il soprannome di scippolandia», ha ricordato Emiliano parlando del tempo in cui è diventato sindaco. «Questa situazione, che contrastava con l’efficienza della repressione investigativa, passò il segno quando fu ucciso Michele Fazio, un ragazzo di 16 anni. Questo omicidio provocò una tale indignazione da mettere la città in movimento verso una presa di coscienza. Io ero in Procura e mi feci trascinare non senza dispiacere, perchè il mio lavoro mi piaceva molto, ma verificavo la mancanza di un pezzo che andava realizzato».
«LA CHIUSURA AL TRAFFICO PROVOCO' REAZIONE FURIBONDA»
«La chiusura al traffico di Bari vecchia con la Ztl provocò una rivoluzione», ha ricordato Emiliano entrando nel merito dell'episodio che riguardò il suo allora assessore Antonio Decaro. «Vietammo il parcheggio abusivo, creammo dei parcheggi sul lungomare e cambiammo completamente la vita di queste persone che erano abituate ad avere la macchina sotto casa». La chiusura alle auto fu molto contestata
«Uno dei mezzi più importanti fu quello di parlare con le donne dei quartieri, per parlare un po’ di tutto. Quindi io sono andato a casa di donne non meglio identificate, alcune le conoscevo altre no, non sto dicendo che erano tutte donne prive di contraddizioni con rispetto ai loro parenti, però il progetto “Crescere alla legalità” glielo andavamo a dire famiglia per famiglia e andavamo a dire che facevamo la Ztl per consentire ai loro bambini di giocare in sicurezza per le strade».
«CITANDO L'INCONTRO VOLEVO FAR CAPIRE CHE L'ARIA ERA CAMBIATA»
«L’incontro da me citato dal palco - ha detto Emiliano riferendosi all'incontro con la sorella del boss Capriati - servì a far capire che l’aria era cambiata, che dovevano comportarsi bene, mai per chiedere protezione come qualcuno ha detto. L’evento fu per imporre il rispetto delle regole anche a chi non aveva capito il significato politico e sociale dell’amministrazione che io guidavo. E’ evidente che utilizzavo la mia storia personale, perché persino i vigili, poliziotti e carabinieri facevano fatica a farsi riconoscere questo ruolo, per ragioni che a questo punto non saprei neanche spiegare io giravo per tutta la città senza che mai succedesse nulla. Certo ci sono stati momenti di conflitto. Quando chiusi il lungomare per sovvertire l’abitudine di lasciare le macchine in terza fila ci fu una vera e propria insurrezione. Ci fu un momento in cui queste persone ebbero la forza di portare dei copertoni davanti al Comune, e la polizia non seppe trovare altro modo per risolvere la situazione che portarmeli su. Io parlai con una donna che mi disse che avevano fatto questa insurrezione perché così non potevano più vendere le birre sul lungomare. Quando dissi che non avevano la licenza, mi rispose che loro se la erano data da sola».
«LA PRESENZA DI DECARO? FORSE MI SONO SBAGLIATO»
Sono andato dalla sorella di Antonio Capriati - ha detto Emiliano - per ribadire con grande serenità e molta determinazione che le regole a piazza San Pietro non le facevano più loro ma le facevamo noi. Devo anche dire che anche il rilascio degli immobili confiscati alla famiglia fu oggetto di questa discussione. Io precisai in occasione di quel colloquio che se non se ne fossero andati in modo bonario avremmo comunque liberato gli immobili. E’ chiaro che un episodio di 15 o 16 anni fa, mi sono riguardato un sacco di documenti che ho firmato io di cui non ricordavo assolutamente nulla. Non escludo di aver dato dettagli sbagliati. Se come ho sentito il sindaco di Bari attuale ricorda di non essere stato con me, probabilmente ha ragione lui».
«Ma è sicuramente accaduto un altro episodio molto simile in cui io e il sindaco eravamo per strada a piazza della Cattedrale. Non era il Decaro di adesso ma un ragazzo di 32 anni che mi dava del lei. A un certo punto, mentre stavamo lì nel cuore pulsante, Decaro mi disse “vedi, quelli sono stati”, con riferimento all’episodio che a me inizialmente mi era venuto da ridere. Antonio era molto spaventato perché aveva avuto a che fare con una realtà che non era la sua. Era andato a fare un lavoro cui bisognava prepararlo. Io affrontai questi ragazzi e gli dissi: “Questo ingegnere è l’assessore quindi è come se fossi io”, esattamente lo stesso discorso che facevo a tutti. I miei assessori dovevano avere da me la mia protezione, non quella del boss. Io ero il sindaco e dovevo fare quanto necessario per far lavorare i miei assessori».
«NON C'ERA NULLA DA DENUNCIARE, ERA MEGLIO PARLARE CON LE PERSONE»
«Qualcuno mi dice: perché non siete andati alla polizia? Il racconto di Antonio Decaro - ha proseguito Emiliano - non conteneva fatti decisivi, se lo avessimo riportato al maresciallo… Non era una notizia di reato, era un evento di colluttazioni dialettiche che voi forse non riuscite a immaginare. Non ritenni di fare denuncia, la responsabilità è solo mia, ritenni di affrontare la questione nel modo che ho già detto: andare a parlare e stare a fianco all’assessore».
Emiliano ha dunque lanciato un monito al centrodestra, rilevando che le sue parole circa l'incontro con la sorella del boss sono state fraintese da chi non conosce Bari. «Questa cosa era chiara alle 20mila persone presenti in piazza a Bari. Quella frase è stata fraintesa da chi non ha vissuto quel contesto. Ho sbagliato a dare l’impressione a chi non ha vissuto quelle cose che Emiliano è andato a chiedere protezione alla sorella del boss. La scena è comica anche da raccontare».
«TONINO CAPRIATI FU CONDANNATO PER COLPA MIA, ERO UNO SBIRRO»
Emiliano ha rilevato che nella sua attività di Pm della Procura di Bari si era occupato dei clan baresi, compreso il clan Capriati di Bari vecchia. E dunque che il suo rapporto con la sorella del boss Antonio Capriati non poteva essere quello di cui ha parlato il centrodestra. «Io - ha spiegato - ero uno sbirro che aveva fatto condannare all’ergastolo il fratello. Anche dire che la signora mi aveva fatto entrare in casa era una cosa inconfessabile. Ma in questo modo abbiamo ripristinato il controllo del territorio senza operazioni militari, senza il battaglione dei carabinieri, senza la celere. Con le fioriere, con il ragionamento, con le agenzie…».
«NESSUNA INDAGINE SU REGIONE PUGLIA O GIUNTA COMUNALE DI BARI»
«Sulla Regione Puglia - ha detto il governatore - non è in corso nessuna indagine. So che per alcuni sarà una sorpresa. Abbiamo subito una campagna tale che un assessore della mia giunta era convinto che la mia assessora che si è dimessa era stata arrestata. Quindi io vi chiedo tutela. Vi chiedo di raccontare a tutta l’Italia che il presidente della Regione Puglia, che oggi è stato in audizione, non è oggetto di nessuna indagine di nessun tipo. Ho l’impressione che anche a causa delle dichiarazioni di alcuni deputati ci sia una confusione e la gente abbia l’impressione sul fatto che io debba rispondere di qualcosa a qualcuno. Io sono venuto a dare un contributo alle vostre conoscenze in materia di Antimafia. Neanche la giunta del Comune di Bari è esente da alcun tipo di indagini, per quello che risulta».
Emiliano ha ribadito lo stesso concetto in una seconda occasione, anche con riferimento alle tre inchieste esplose tra febbraio e aprile 2024 definite come "caso Bari": «Con riferimento alle tre operazioni che si sono susseguite in tempi molto serrati, quella sulla criminalità organizzata con voto di scambio politico-mafioso, quella con voto di scambio non mafioso e quella che riguarda Pisicchio, queste tre non riguardano la Regione Puglia. Non posso sapere se in questo momento una qualunque Procura d'Italia non stia indagando su questioni che attengono alla mia Giunta, posso dire che in quelle tre indagini non ci sono fatti che riguardano la Regione Puglia».
«SU PISICCHIO NESSUNA FUGA DI NOTIZIE, SONO STATO TRASPARENTE»
La presidente della commissione, Chiara Colosimo (Fdi), ha chiesto a Emiliano se è vero l’episodio dei messaggini mandati ad Alfonso Pisicchio la mattina del 10 aprile per chiedergli le dimissioni in pendenza di una indagine. Sul punto si sono registrate scintille con Emiliano.
«Nel caso di specie – ha risposto Emiliano - non ho realizzato condotte men che trasparenti. Non posso che riportarmi alle dichiarazioni già fatte, ribadendo di essere a disposizione della Procura di Bari per rendere qualunque tipo di chiarimento». Emiliano sul punto ha riletto il comunicato stampa dell’11 aprile.
«Della pendenza dell’indagine si sapeva dal luglio 2020. Era una indagine nota. Non ho avuto nessuna particolare notizia». Pisicchio – ha detto Emiliano – gli aveva assicurato che l’indagine era chiusa. «Noi abbiamo fatto un riepilogo di tutte le situazioni in cui c’erano indagini notoriamente aperte a carico di tizio, caio e sempronio. C’è stato un lavoro di accertamento delle situazioni. Siccome questa indagine era nota, si è chiesto a chi di dovere di dare riscontro a quanto affermato. Dopo tali riscontri, ho proposto alla giunta di sostituirlo».
«Questo fatto non ha nulla a che vedere, per quello che mi consta, con la criminalità organizzata o mafiosa - ha commentato Emiliano -. Quello che potevo dirvi l’ho detto anche di fronte a una domanda che giudico incongrua rispetto al merito dell’audizione». «Nessuno la vuole obbligare a rispondere – ha replicato la presidente Colosimo -. Il tema è che quello è stato riportato “c’è una vecchia inchiesta che ha ripreso slancio”. Se ritiene di dover rispondere solo alla Procura lo può fare ma devo prendere atto che sul tema specifico non vuole rispondere».
«I messaggini di cui si parla sulla stampa – ha ancora controreplicato Emiliano alla presidente Colosimo - mi risulta siano stati acquisiti. E quindi l’unico soggetto che può dare risposta è il procuratore della Repubblica. Io non ho altro da aggiungere».
Rispondendo alla commissaria Raffaella Paita (Iv), Emiliano ha ribadito di non essere mai stato a conoscenza dell’esistenza di una richiesta di arresto che riguardava il suo ex assessore Pisicchio. E ha spiegato che se lo avesse saputo, non avrebbe avuto senso revocare Pisicchio dall’incarico da commissario dell’agenzia Arti (come poi avvenuto il 10 aprile 2024: Pisicchio è stato arrestato quella stessa sera, proprio dopo la notizia della revoca). «Nel momento in cui per ipotesi avessi saputo della casualità temporale – ha risposto Emiliano alla Paita -, probabilmente non avrei assolutamente revocato l’incarico, perché la dimostrazione che non sapevo nulla è proprio il fatto che ho fatto la revoca perché se no altrimenti non avrebbe avuto né senso né significato, però questa è una valutazione, quindi non ho riferito fatti, ho fatto solo una valutazione».
A una ulteriore sollecitazione del parlamentare Piero Pittalis (Forza Italia), che gli ha chiesto se ha conservato traccia sul proprio cellulare dei messaggini scambiati con Alfonsino Pisicchio, Emiliano non ha voluto rispondere: «Confermo quello che ho già detto e lo ribadisco»
«HO DENUNCIATO IO LA PRESENZA DI PARISI NELL'AMTAB»
Rispondendo a una domanda di Maurizio Gasparri (Fi), Emiliano ha invece raccontato di aver presentato denuncia all’allora procuratore della Repubblica, Antonio Laudati, in relazione al concorso pubblico del 2009 a cui partecipò Massimo Parisi, fratello del capoclan Savino Parisi, poi assunto nell’azienda comunale dei trasporti Amtab e finito in carcere a febbraio 2024 nell’ambito dell’inchiesta Codice interno della Dda di Bari.
Emiliano ha ricordato che il candidato fu ammesso a partecipare alla prova pratica del concorso su richiesta di un magistrato, dopo che aveva fatto ricorso al Tar e al giudice del Lavoro. Parisi venne dichiarato idoneo e fu assunto dapprima come autista a tempo determinato per tre mesi (giugno-settembre 2011). Tommaso Lovreglio, nipote del boss Savino Parisi (pure lui arrestato), era già dipendente a tempo indeterminato dell’Amtab.
«La sintesi di quello che vi ho letto e che queste cose sono a conoscenza della Dda di Bari sin dall’epoca. Non so se qui sono state sviluppate indagini. Quello che è sicuro è che il Comune di Bari aveva percepito una situazione di un certo tipo con la presenza di Parisi. Non so cosa sia accaduto dopo».
«HO ESPRESSO SOLITARIETA' A PIANTEDOSI PER FRASE DI DON ANGELO CASSANO»
«Non ho apprezzato la frase di don Angelo Cassano», ha detto Emiliano a proposito del referente regionale di Libera che dal palco della manifestazione del 23 marzo 2024 a Bari aveva definito “criminale” il ministro Piantedosi. «Ho chiamato il ministro Piantedosi per esprimergli la mia solidarietà – ha aggiunto Emiliano sempre rispondendo a una domanda di Gasparri -. Ho evitato di dare propaganda a una frase assolutamente inopportuna». Emiliano ha poi detto di non avere conoscenza ("non mi risulta") che ci siano casi di persone che hanno avuto lo sblocco di autorizzazioni da parte della Regione dopo essere entrati a far parte della coalizione politica di centrosinistra.
«NON SO PERCHE' CSM NON AUTORIZZO' INCARICO AL DOTTOR DI MOLFETTA»
Gianluca Cantalamessa (Lega) ha chiesto Emiliano lumi su quanto raccontato alla «Gazzetta» dal magistrato Elio Di Molfetta, ex componente della commissione di disciplina delle aziende di trasporto nominato dalla Regione ma poi decaduto perché il Csm non concesse l’autorizzazione. Molfetta ha spiegato che esisteva un problema in Amtab per il quale non era possibile licenziare persone appartenenti ai clan mafiosi.
«Lei ha letto un articolo sulla “Gazzetta” che è distorsivo – ha risposto Emiliano all'esponente leghista -. Ho nominato Di Molfetta che era l’unico che aveva dato la disponibilità. Senza aver istituito quella commissione non si poteva licenziare nessuno. Il Csm non ha dato l’autorizzazione per motivi che non conosco. Poi ho nominato un'altra persona».
«STEFANAZZI SECONDO ME E' INNOCENTE»
Rispondendo a una domanda di Mauro D'Attis (Fi), Emiliano ha passato in rassegna tutti i casi giudiziari che riguardano persone da lui nominate in Regione negli scorsi anni.
E' partito da Claudio Stefanazzi, ex capo di gabinetto ora parlamentare del Pd, coinvolto nel processo di Torino per finanziamento illecito ai partiti (la campagna di Emiliano per le primarie Pd del 2019). «La condanna di Stefanazzi è avvenuta in primo grado, non è una condanna definitiva. Ha presentato appello. Si tratta di una condanna per finanziamento illecito della mia campagna per le primarie del Partito Democratico. L'accusa consisterebbe nel fatto che un imprenditore barese si sarebbe recato dalla agenzia di pubblicità da me incaricata che mi aveva rifilato una campagna elettorale che aveva già utilizzato per Debora Serracchiani in Friuli, rispetto al quale c'era una possibile controversia. Questo imprenditore è andato lì, e non si sa esattamente perché e come, ha detto: "Siccome io ho una sede a Torino fammi della pubblicità a me e chiudi la controversia con Emiliano". Questa è l'accusa di cui risponde Stefanazzi, dopodiché Stefanazzi si è difeso. Posso dire che a me personalmente ha convinto, Stefanazzi è assolutamente innocente su quello di cui viene accusato, però ci sarà il processo d'appello. Il fatto che lei citi una condanna non definitiva dimostra un atteggiamento che secondo me è assolutamente sbagliato, perché sta cercando di tirare in mezzo a questa storia, come se fosse una mia responsabilità, vicende che riguardano altre persone. Le ricordo che io, nello stesso processo, sono andato fino al giudizio e sono stato assolto per non avere commesso il fatto».
«CONTRO GRANDALIANO ACCUSA INFONDATA, MA HA SBAGLIATO»
Poi il caso di Gianfranco Grandaliano, ex direttore generale dell'agenzia Ager, condannato in abbreviato per corruzione per una cena di compleanno pagata da un imprenditore. «Grandaliano - ha detto Emiliano - era il direttore generale di un'agenzia dei Comuni della Puglia, che viene nominata dalla regione, che un giorno ha, devo dire, l'idea sbagliata di farsi, se ho capito bene, pagare una festa di compleanno, una cena da una azienda di rifiuti. L'accusa sostiene, e ne ottiene la condanna in primo grado, che questa cena sia stata pagata poiché in questo modo Grandaliano avrebbe avvisato questa impresa in via preferenziale di un bando della Regione Puglia che metteva a disposizione di tutti i comuni determinate somme per la ripulitura dell'abbandono di rifiuti durante l'estate. Non entro nel merito dell'accusa. Ancora una volta penso che l'accusa sia infondata, per quanto mi riguarda, perché ho la certezza che tutti i sindaci della Puglia erano a conoscenza di quel bando e che quindi non c'era nessun bisogno che Grandaliano li avvisasse prima per dare loro un privilegio, però non sono stato indotto dalla difesa di Grandaliano come teste, quindi evidentemente mi ha voluto risparmiare questa tortura. Se però ne avesse bisogno in appello, io sono a disposizione. Ciononostante, Grandaliano ha sbagliato perché non ci si fa pagare le feste di compleanno e quindi Grandaliano, nel momento in cui ha concluso il suo iter e non ha potuto giustificare in nessun modo a me che si era fatto pagare una festa di compleanno, non è più il direttore generale dell'Ager».
«PENSO CHE SANNICANDRO VERRA' ASSOLTO, C'E' UN EQUIVOCO»
Poi c'è il caso di Elio Sannicandro, ex commissario straordinario per il dissesto idrogeologico e direttore generale dell'agenzia Asset (sottoposto a interdizione su richiesta della Procura di Bari. «Sannicandro - ha detto Emiliano - viene accusato di avere ricevuto una tangente di 60.000 euro per avere favorito – vado un po' all'ingrosso perché mi sono informato, ma non al punto di studiare queste vicende – per avere favorito l'aggiudicazione di alcuni appalti relativi al dissesto idrogeologico, quindi non nella sua veste di direttore generale dell'Asset, ma di soggetto attuatore del commissario al dissesto, che è una cosa che non ha direttamente a che vedere con la Regione Puglia, ma dipende dall'ufficio del commissario. È in attesa di giudizio, nel senso che nulla sappiamo sulla fondatezza di questa accusa. Fatto sta però che, nonostante fosse stato colto da questa accusa mentre era direttore generale dell'Asset e soggetto attuatore del commissario di Governo, non è stato sottoposto a misure cautelari in carcere o agli arresti domiciliari, ma è stato sospeso dalle funzioni. È sub iudice e, ancora una volta, avendo letto le carte, ho ragionevole aspettativa che Sannicandro venga assolto, perché c'è stato un equivoco nella lettura delle intercettazioni. Però io non sono il difensore di Sannicandro e quindi ometto di entrare da questo punto di vista».
«LE ACCUSE A BORZILLO NON C'ENTRANO CON LA REGIONE»
Il caso successivo riguarda Alfonso Borzillo, ex commissario straordinario dei Consorzi di bonifica, rinviato a giudizio e immediatamente revocato da Emiliano. «I Consorzi di bonifica - ha spiegato il governatore - non appartengono alla Regione Puglia, la Regione Puglia ha la sventura di doverli gestire in termini di commissariamento a causa del loro dissesto. Nel momento in cui è stato rinviato a giudizio per fatti che dettaglierà lui e che non hanno nulla a che vedere con la Regione Puglia, ma eventualmente, ove fosse ritenuto responsabile, a fatti suoi familiari, favoritismi, cose di questo genere, sostanzialmente è stato revocato da me e sostituito con altro soggetto».
«NON HO SCELTO IO LERARIO, E' COLPEVOLE E L'HO LICENZIATO»
Infine si parla di Mario Lerario, l'ex capo della Protezione civile finito in carcere all'antivigilia di Natale 2021 perché sorpreso a incassare una mazzetta da un imprenditore. «Lerario è uno dei 230 dirigenti della Regione Puglia e lei - dice Emiliano rivolgendosi a D'Attis - me lo carica come soggetto che io avrei nominato. Lerario è uno dei dirigenti a cui, ogni volta che gli scade l'incarico, viene nominato a un altro incarico, perché faceva parte dell'organico della Regione Puglia. Lerario era stato turnato dall'ufficio dell'Economato, che è un ufficio molto delicato, ed era stato messo alla Protezione civile per una legittima turnazione da ruoli ad alto rischio. La Protezione civile in sé e per sé è un incarico non particolarmente esposto, soprattutto prima della pandemia, poi si è trovato a svolgere questo ruolo durante la pandemia. Mi risulta che Lerario, durante l'udienza dove ha ammesso sostanzialmente gli addebiti, si sia scusato con la Regione Puglia per il disdoro che ha provocato alla regione. Gli abbiamo chiesto 5 milioni di euro di risarcimento danni e lo abbiamo licenziato. Ora, siccome sono vent'anni che io vado in giro, politicamente parlando, dei casi di cui lei parla non c'è neanche una condanna passata in giudicato, per quello che mi risulta. Le ho detto che per quello di Lerario la colpevolezza secondo me è certa, gli altri casi sono tutti da discutere. Questa teoria per cui mi attiro persone che commettono reati per mia tendenza, è una teoria che può funzionare in campagna elettorale, ma certamente non ha nessun fondamento».
«NON HO MAI INCONTRATO GAETANO STRISCIUGLIO»
A una domanda del senatore pugliese Filippo Melchiorre (Fdi) su una intercettazione pubblicata dai giornali circa i rapporti tra Emiliano e alcuni esponenti della criminalità organizzata barese, Emiliano ha smentito di avere mai avuto incontri con un rappresentante del clan Strisciuglio. «Non credo che Gaetano Strisciuglio abbia mai detto di avermi incontrato - ha risposto Emiliano -. Io Gaetano Strisciuglio non lo ho mai incontrato, io per questa gente costituisco un soggetto che fa parte di quella parte dello Stato che ripudiano. Quindi non è mai accaduto che io, per ragioni non d’ufficio, abbia mai avuto contatti in maniera consapevole con chicchessia. Attribuirmi pure Gaetano Strisciuglio è un’operazione deludente».
«Ascoltando le parole del presidente Emiliano - ha commentato Melchiorre -.mi sono ricordato di un episodio di qualche anno fa quando il presidente Emiliano diventò sindaco e in un quartiere della nostra periferia decise di cambiare la toponomastica e decise di chiamarla Via della Felicità. Fu un po’ lo specchio del comportamento di Emiliano, di raccontare una Bari diversa rispetto a quello che è avvenuto nel corso di questi anni. Se uno andasse in Via della Felicità, e lei mi deve dare atto di questo, tutto è tranne che della felicità. È un po’ questo il modo di essere del presidente Emiliano, di parlare di felicità lì dove felicità in realtà non c’è».
IL RINGRAZIAMENTO DI EMILIANO ALLA COLOSIMO
«Ringrazio la presidente e tutti i componenti della commissione per avermi ascoltato per tanto tempo: ho sempre avuto la volontà di essere ascoltato dalla commissione Antimafia. Da presidente della Regione Puglia voglio difendere la mia regione da qualunque tipo di macchia che riguardi la nostra militanza popolare antimafia». È quanto ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano al termine dell’audizione a Palazzo San Macuto a Roma.
«Tutti i pugliesi - ha aggiunto - sono schierati contro le mafie, contro il malaffare, con eccezioni che ci sono in tutte le comunità. Ringrazio i pugliesi per il sostegno che mi hanno sempre dato in questa lotta al malaffare e alla mafia, e li ringrazio anche perché stanno cambiando la storia. I dati sul trend dello sviluppo economico della regione Puglia sono i migliori tra tutte le regioni italiane e, come trend, persino migliori delle regioni del Nord. Questo è il frutto di un durissimo lavoro, innanzitutto dei pugliesi e poi anche delle istituzioni che li rappresentano».