Il Press Tour Borghi Divini era per conoscere luoghi da visitare, tradizioni da riscoprire, prodotti enogastronomici ed eccellenze imprenditoriali del Salento, ma andando controcorrente - ed hanno fatto bene! -, nel mezzo, gli organizzatori ci hanno messo pure una storia strappalacrime. E che storia!
In un piccolo terreno appena fuori Minervino di Lecce, il paese che assieme alle frazioni di Specchia Gallone e Cocumola ed al confinate Comune di Giuggianello, costituiva la mèta del Tour, ci presentano un uomo di 63 anni, che per una serie di rapine, ne ha trascorsi una parte dietro le sbarre.
Giuseppe Rotundo, per la forza prorompente detto Giuseppe dei cavalli, da quando ha cambiato vita, si fa chiamare Pino. A condurlo sulla retta via, sono state le lumache: sì, proprio i piccoli gasteropodi che si nutrono nella terra e che nella terra si riproducono, prima di finire, quale piatto prelibato, sulle tavole di intenditori e non.
“Le ho scoperte per caso su Internet - ci informa mentre per esibirle ai giornalisti, con un piccone leggero, le stana da una zolla di terra. La loro vita mi ha subito affascinato, e così, sedici anni fa, poco dopo essere tornato in libertà, ho cominciato ad allevarle. Sia le monicelle che noi chiamiamo ‘moniceddhi’, ed anche quelle più grandi, le ‘escargot’. Per stare con loro anche di notte, e con i miei genitori che mi venivano a trovare, mio padre Salvatore coltivatore di fiori, e mia madre Benita Denotarpietro, poiché ero in regime di semilibertà ed a casa in paese dovevo tornare alle 22, ho trasferito qui il domicilio. E qui, ascoltando la musica di Bertoli e Guccini e le canzoni della nostra ‘taranta’, ho ritrovato me stesso e la libertà più autentica”.
Oggi Giuseppe dei cavalli, Pino, è un uomo nuovo, e la sua storia ci dice, che dagli errori, dal carcere, si può uscire vittoriosi. Nonostante i tanti e spesso dolorosi ostacoli incontrati, lui lo ha saputo fare con perseveranza. Oltre alla volontà, a salvarlo, quando le lumache gli sono venute incontro, è stato soprattutto l’amore per i genitori, che non riuscivano a capire come quel loro ragazzo un tempo bravo e gentile, avesse intrapreso una brutta strada.
“Con mio padre riuscivo a scambiarmi a malapena un ciao - sottolinea -. Poi ho capito che con la malavita dovevo smettere e dovevo a tutti i costi recuperare il rapporto perduto. Giorno dopo giorno ci sono riuscito, anche se quando mi aiutava con le lumache, poiché a 92 anni quasi non ci vedeva più, ne calpestava più di una. Per questo sono sicuro che se n’è andato con l’anima in pace e che con l’anima in pace dopo soli due mesi, se n’è andata anche mia madre”.
Pino Rotundo è finalmente in regola con la legge e con la vita, ed ha preso pure la patente. Ma soprattutto, ha riconquistato il rispetto di tutti, e da tutti è benvoluto. Le lumache che alleva, non molte, in verità, perché lo fa col metodo più naturale del mondo, quello che le vede crescere sottoterra da dove poi le scova ad una a una, le vende a chi lo va a trovare. Qualcuna riesce pure a spedirla all’Estero. Con tutti ha parole garbate e modi gentili. E non se la prende neppure quando i giornalisti, in ritardo sul programma di marcia, rifiutano le friselle di orzo che ha preparato con i pomodori che crescono accanto alle due vecchie stanze un tempo diroccate, che ha poi riparato da solo. Al momento del saluto, indicandoci la branda dove all’ombra di un fico riposa durante le pause dal lavoro, ci regala un pensiero: “Qui c’è la bellezza della libertà”. E noi a lui, una frase di Victor Hugo: “La vera grandezza dell’uomo si misura dalla sua capacità di essere gentile”.