FOGGIA - «Io non so che dire guarda... hanno distrutto tutto». E poi: «Stanno vicini alla porta». Sono i commenti dei dipendenti del Riuniti di Foggia che nella tarda serata del 4 settembre sono riusciti a salvarsi dalla furia di amici e parenti della 23enne Natasha P., morta per le complicanze di un intervento chirurgico, che hanno fatto irruzione nel reparto di Chirurgia Toracica aggredendo chiunque capitasse a tiro. Gli operatori sanitari che si sono barricati hanno poi chiamato il 112, ottenendo l'intervento della polizia.
I parenti e gli amici della ragazza morta, tutti provenienti da Cerignola, sono stati allontanati dalla Polizia ma non hanno lasciato l'ospedale. Per tutta la giornata di ieri e fino a stamattina hanno presidiato l'obitorio dell'ospedale, dove è stato composto il corpo della giovane fino al trasferimento per il funerale.
Il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Foggia comunica l’intenzione di costituirsi parte civile «nel giudizio che vedrà imputati coloro che - viene spiegato - hanno aggredito medici, specializzandi e addirittura uno studente del Policlinico Riuniti di Foggia, sfondando le porte della sala operatoria alla fine di un intervento chirurgico». L’episodio risale a mercoledì sera. Ad agire sarebbero stati i familiari di una ragazza 23enne di Cerignola morta durante un intervento chirurgico. Una cinquantina le persone che sarebbero riuscite a superare l'ingresso della struttura e una ventina, stando ad indiscrezioni, quelle che sarebbero entrate in contatto con il personale sanitario della chirurgia toracica.
«Si tratta di una vicenda incommentabile, rispetto alla quale - osserva Gaetano Serviddio, direttore del Dipartimento e Delegato per la Sanità di UniFg - il mio dovere è esclusivamente quello di condannare, a tutela tanto del personale medico, quanto per evidenziare che gli operatori sanitari lavorano nel rispetto e per il rispetto della sanità intesa come patrimonio e bene comune. La comunità di Cerignola non merita di essere associata a questa barbarie».
Se è «comprensibile - aggiunge - che la morte di una paziente sia una circostanza dolorosa che talvolta può provocare reazioni fuori registro, non è assolutamente ammissibile trasformare il personale sanitario in colpevoli ai quali infliggere una lezione esemplare. La violenza del gesto va oltre ogni possibile lettura e interpretazione, perché la morte di una paziente - conclude - non può rappresentare l’occasione per brutalizzare il lavoro di cura e di assistenza, che deve essere sempre tutelato e protetto».
INDAGA LA PROCURA
«C'è una indagine della magistratura. Quindi bisogna mantenere il riserbo necessario. Ovviamente esprimo vicinanza alla famiglia per il decesso di una ventenne che è una cosa che dispiace tantissimo». Lo ha detto il direttore generale del policlinico Riuniti di Foggia Giuseppe Pasqualone in prefettura a Foggia dove ha partecipato al vertice con il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato convocato dopo la violenta aggressione subita dal personale sanitario. «Siamo vicini anche ai sanitari che sono stati aggrediti. Non si giustificano questi episodi di cui sono vittime ormai da diverso tempo in tutta Italia. È un fenomeno che va non solo stigmatizzato in maniera assoluta ma in qualche modo anche risolto».
MINACCE DI MORTE
«Abbiamo anche avuto paura di morire. Quella sera abbiamo rischiato la vita». Queste le parole pronunciate da uno dei medici brutalmente aggrediti due sere fa nel reparto di chirurgia toracica del policlinico Riuniti di Foggia da familiari di una giovane di 23 anni morta durante un intervento chirurgico. Il medico, che è andato in prefettura a Foggia dove c'è stato un vertice con le forze dell’ordine e il sottosegretario alla salute Gemmato per definire interventi per garantire la sicurezza dei sanitari, e che preferisce mantenere l'anonimato per questioni di sicurezza ha detto «di aver avuto molta paura e di essere stato oggetto insieme ai colleghi di minacce di morte».