Agosto, 2005, l’uragano Katrina si abbatte su New Orleans, luogo e momento strategico che rivela il fallimento morale dell’amministrazione Bush. Il vento soffia a 220 km orari, il Mississippi esonda, le persone muoiono e i sopravvissuti resistono come i pazienti e il personale sanitario del Memorial Hospital. In balia di una tempesta eccezionale, attenderanno cinque giorni prima di essere evacuati, con un bilancio umano elevato che sollecita un’indagine. Adattamento scrupoloso dell’inchiesta giornalistica di Sheri Fink, pubblicata nel 2009 dal «New York Times», Five Days at Memorial racconta un calvario dentro un edificio disfunzionale, privo di elettricità e senza un piano di fuga. La serie, in onda su Apple TV, si concentra sul corpo medico, tagliato fuori dal mondo e costretto a prendere decisioni estreme.
In quale ordine salvare i pazienti? Come uscire vivi dalla trappola provocata dal cedimento delle dighe di New Orleans? Scritti a quattro mani da John Ridley e Carlton Cuse (Lost), gli episodi riflettono i sacrifici e i dilemmi etici affrontati da medici e infermieri, integrando il racconto dei fatti con le immagini d’archivio. In un’atmosfera post-apocalittica, questo medical drama prova a spiegare la catastrofe umana dentro la catastrofe naturale. Una tragedia americana che ha rimarcato le défaillance congiunte del pubblico e del privato, le ingiustizie razziali ed economiche, lo scacco flagrante delle infrastrutture e delle autorità. Come Treme, serie fiume di David Simon sulle conseguenze di un disastro che ha costretto l’America a un esame di coscienza, Five Days at Memorial assume la dimensione politica e stimola l’immaginario sociologico dello spettatore. Sotto accusa e una pioggia battente c’è un sistema sanitario la cui priorità è la redditività.