di Pamela Giufrè
«Perseveranti nella speranza». È questo il messaggio lanciato ieri durante il precetto pasquale all’Ilva di Taranto dall’arcivescovo monsignor Filippo Santoro, cinquant’anni dopo la visita di Papa Paolo VI nello stabilimento siderurgico.
Per ricordare quei giorni di Natale del 1968, è stato proiettato un video. Nella sua omelia, l’arcivescovo ha più volte sottolineato l’attualità e, soprattutto, l’importanza, delle parole del Papa che presto diventerà santo: «Prima e dopo tutto la vita è la cosa più importante d’ogni altra; l’uomo vale più della macchina e più della sua produzione». Papa Montini «desiderava ricucire uno strappo fra la Chiesa e il mondo del lavoro».
«Sento bruciare - ha detto il vescovo Santoro - queste parole come inascoltate, le ho sentite risuonare severe in me dopo la sentenza che ha stabilito che il decreto governativo dell’estate 2015 fu incostituzionale perché non tenne conto in primis del bene dei lavoratori. Per questo mi corre l’obbligo di ricordare tutti i vostri colleghi che hanno perso la vita sul lavoro». L’ultima parola viene interrotta a metà da un applauso lunghissimo, quasi liberatorio, partito dagli operai dell’Ilva. Un applauso contagioso per tutte le mogli, i figli, i genitori, e per la stessa dirigenza dell’Ilva, rappresentata dai commissari Enrico Laghi e Corrado Carrubba e dal direttore dello stabilimento Antonio Bufalini, seduti nelle prime file insieme ai rappresentanti della nuova proprietà, Matthieu Jehl, vicepresidente di ArcelorMittal e amministratore delegato di Am InvestCo Italy srl, Samuele Pasi, direttore generale di ArcelorMittal e direttore finanziario di Am InvestCo e Annalisa Pasquini di ArcelorMittal; e alle autorità civili e militari. Erano presenti anche il sindaco Rinaldo Melucci, il suo vice Rocco De Franchi, il sindaco di Statte Franco Andrioli e il presidente della Provincia Martino Tamburrano.
«Noi potremo onorare la memoria del Beato Paolo VI solo se riusciremo a riportare al centro l’uomo - ha insistito monsignor Santoro - altrimenti non avrebbe senso per me ogni anno aprire la Settimana Santa con questa celebrazione all’Ilva». L’arcivescovo ha osservato che «lo stabilimento, allora Italsider, per la sua grandezza e complessità, continua a rappresentare il caso più serio di cui dobbiamo rendere continuamente ragione della nostra umanità, della nostra onestà: l’Ilva è diventato un caso di coscienza permanente. Abbiamo mezzo secolo di storia e di tanti errori alle spalle, ma la matrice di questi errori è sempre la medesima. Anteporre il consumo al lavoro e la produzione all’uomo». Monsignor Filippo Santoro si è rivolto non solo ai dipendenti dell’Ilva. «Ho presente - ha affermato - la difficilissima situazione di tanti lavoratori dell’indotto. E quindi nasce dal più grande stabilimento siderurgico d’Europa la domanda ai nostri nuovi governanti che sia innanzitutto rispettata la vita, l’ambiente e la dignità dei nostri lavoratori».