La gestione delle società del gruppo Degennaro rispondeva ad una precisa scelta dei fratelli ritenuti «promotori» di un’associazione a delinquere che negli anni ha strutturato un «sistema di osmosi economica ed interrelazione tra le società» per consentire la sopravvivenza solo a quelle imprese della galassia societaria che garantivano il mantenimento del patrimonio e la liquidità «in totale spregio degli interessi dei creditori».
È quanto scrive il giudice di Taranto Gianna Martino nelle motivazioni della sentenza con la quale a marzo scorso ha inflitto cinque condanne in abbreviato per il crac della Mf Trading, ovvero il relitto (trasferito in riva allo Jonio) della Dinvest, la società della famiglia barese che si occupava di edilizia privata. Accogliendo la ricostruzione della pm Lucia Isceri, il gip ha condannato a sei anni Daniele Degennaro, 64 anni, ex dominus degli alberghi del gruppo, a 5 anni e 8 mesi Giuseppe Monteleone, 66 anni, suo braccio destro e amministratore della Mf Trading fino al fallimento, a 5 anni Vincenzo De Caprio, 64 anni, contabile della società e uomo di fiducia della famiglia: per tutti è stata disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Altri tre anni a Donato Radogna, 68 anni, commercialista ed ex consigliere comunale di Bari nella lista della famiglia Degennaro che sosteneva l’allora sindaco Michele Emiliano, con interdizione di 5 anni dai pubblici uffici. Due anni e 8 mesi per gli altri due sindaci, Nicola Di Flumeri, 64 anni, e Leonardo Tinelli, 69 anni.
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