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Ex Ilva, nubi nere sull’indotto nel giorno del decreto

 
maristella massari

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maristella massari

 Ex Ilva, nubi nere sull’indotto nel giorno del decreto

Il provvedimento passa al Senato. Nessuna novità dal tavolo al Mimit sul ristoro dei crediti inevasi

Mercoledì 06 Marzo 2024, 14:34

BARI - Licenziamenti collettivi e mandato immediato ad un pool di legali a tutela dei propri interessi. Le imprese tarantine dell’indotto ex Ilva minacciano ora di passare alle vie di fatto. Il vertice romano al ministero delle Imprese tra Governo, commissari straordinari e rappresentanti del mondo del credito si è chiuso con l’ennesimo rinvio. Un segnale interpretato come negativo dagli imprenditori dell’indotto che - val la pena ricordarlo ancora - avanzano crediti già maturati nei confronti di Acciaierie d’Italia per almeno 120 milioni di euro e hanno ancora le ferite aperte dopo il default dell’azienda nel 2015.

Ieri Aigi, associazione che rappresenta circa l’80 per cento delle ditte dell’indotto, si è riunita di nuovo in assemblea. Nessun commento, ma qualcosa bolle in pentola. Aigi aveva già deliberato all’unanimità lo stop al cosiddetto «minuto mantenimento» degli impianti e agli interventi urgenti sugli impianti. Fabio Greco, presidente di Aigi aveva anche chiesto un confronto con il commissario di Acciaierie d’Italia in As, Giancarlo Quaranta, finalizzato alla certificazione del credito e alla condivisione del programma di produzione.

Secondo quanto trapelato, Aigi ha inoltre deliberato di conferire mandato ad un pool di legali per valutare eventuali azioni penali nei confronti dei consigli di amministrazione di Acciaierie d’Italia spa e di Acciaierie d’Italia holding, nonché dei sindaci e revisori contabili. Infine, le aziende dell’indotto Aigi, alla luce del perdurare dello stato di crisi che non lascia intravedere alcuno spiraglio di recuperare i crediti vantati, hanno deciso di avviare, qualora entro oggi non ci dovessero essere risultanze differenti, le procedure di licenziamento collettivo, la messa in sicurezza delle società e il ritiro dei mezzi dalla fabbrica.

Niente di buono, dunque, all’orizzonte. Con l’avvio del tavolo tecnico sulla questione indotto, in queste ore il Mimit sta cercando una soluzione per sostenere le aziende che hanno estrema necessità di liquidità. La soluzione proposta dal ministero è la cessione dei crediti a banche e intermediari finanziari. L’obiettivo è garantire la continuità delle attività. Ma pare che dalla riunione di lunedì sarebbe emerso che la soluzione proposta in una situazione di tale complessità non è facilmente perseguibile. Il Tribunale fallimentare di Milano ha infatti dichiarato a fine febbraio per Acciaierie d'Italia spa lo stato di insolvenza. Si parla pertanto di operatività su crediti deteriorati, un rischio troppo alto per le società di factoring dal momento che il debitore ceduto è già dichiarato in default. Secondo gli esperti, gli strumenti previsti dal decreto 9/2024 (garanzia del fondo Pmi e prededucibilità) non sarebbero adeguati a garantire la possibilità di recupero da parte degli operatori del factoring. Il nuovo commissario di AdI Quaranta ha dato la massima disponibilità e confermato il proprio impegno per effettuare una ricognizione contabile tempestiva e certificare i crediti vantati verso la procedura.

«Lo stallo in cui è piombato il dialogo tra Urso e imprese dell’indotto non può che preoccupare» ha commentato il deputato pugliese del Pd Ubaldo Pagano. «Questo Governo, dopo le scelte disastrose di Fitto, ha finalmente preso una posizione di tutela verso queste aziende, garantendo soluzioni per saldare i 120 milioni di euro di crediti che vantano nei confronti di Acciaierie d’Italia. Ho appena depositato un’interrogazione al Ministro delle imprese per vederci chiaro: dopo i rumors sul dietrofront delle banche e di Sace, quali sono i prossimi passi? Non bisogna mai dimenticare che dietro a questa crisi ci sono 2000 famiglie e un bel pezzo dell’economia tarantina», conclude Pagano».

Gli risponde il senatore di Forza Italia Dario Damiani, intervenendo in Aula in dichiarazione di voto sul ddl di conversione del decreto legge Ex Ilva. «Dopo 12 anni e tanti esecutivi di centrosinistra che si sono alternati, c’è finalmente un governo che interviene di petto sulla vicenda Ilva. E lo fa cercando di rianimare un paziente quasi morto, mettendo in salvo 10.000 posti di lavoro, mentre la sinistra sindacalista vota contro. Dopo che gli imprenditori di Arcelor Mittal si sono rivelati inaffidabili ad ogni livello, il Governo non si è girato dall'altra parte ma ha deciso di intervenire. E lo ha fatto con due decreti in soli due mesi, trovando 320 milioni di euro da destinare all'Ilva, con misure a tutela della continuità produttiva e occupazionale anche per le aziende dell'indotto».

«Ricordiamo tutti le ferite, i sacrifici di un territorio, di una città, di una popolazione che ha sofferto - ha proseguito - Però oggi la città di Taranto ha anche la volontà di riemergere e lo può fare, coniugando il diritto al lavoro e alla salute. È questa la strada che sta percorrendo il Governo, trasformando l’Ilva in uno stabilimento strategico. Il passo successivo è un nuovo piano industriale da rendere operativo, trovando al contempo gli investitori privati e facendo in modo di impedire che l’azienda che oggi va via da Taranto non possa fare concorrenza sleale in altri stabilimenti fuori dall'Europa. Oggi si chiude un capitolo vecchio, ma si apre una nuova pagina che dà speranza e fiducia ai lavoratori e ad una comunità, mettendo al centro un piano industriale che prevede la tutela ambientale, la piena salvaguardia occupazionale e il rilancio produttivo» ha concluso.

In serata il via libera dall’Aula del Senato al decreto ex Ilva con 84 voti favorevoli, 27 contrari e 30 astenuti. Il dl punta alla continuità produttiva dello stabilimento di Taranto, con l’obiettivo di tutelare non solo la produzione, ma anche i lavoratori, l’ambiente e la salute dei cittadini. Il provvedimento passa ora all’esame della Camera e deve essere convertito in legge entro il 18 marzo.

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