TARANTO - «I rischi per la salute devono essere debitamente presi in considerazione al momento di concedere o riesaminare l’autorizzazione» allo stabilimento Ilva di Taranto, con un «monitoraggio degli effetti concreti sulla salute» che consenta «alle autorità competenti di reagire in caso di pericolo». Lo scrive la Commissione europea nella memoria depositata alla Corte di giustizia Ue che il 7 novembre discuterà la questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Milano a proposito della Direttiva Ue sulle emissioni industriali.
Il procedimento è nato dalla causa intentata all’Amministrazione straordinaria e ad Acciaierie d’Italia da un gruppo di genitori tarantini, un'azione inibìitoria che mira a inibire la prosecuzione dell'attività dello stabilimento in quanto nociva per salute e ambiente. E infatti la posta in gioco è alta. Perché i giudici di Lussemburgo chiedono al governo italiano di illustrare in udienza, oralmente, come mai l’Italia ha autorizzato lo stabilimento senza valutare a priori gli effetti di tutte le emissioni. Una possibilità che le direttive europee, appunto, «precludono».
La valutazione - scrive la Commissione - deve infatti riguardare «tutte» le sostanze inquinanti, anche oltre quelle «generalmente attese» da un impianto siderurgico che - secondo il Tribunale di Milano - non erano state tenute in considerazione nell’autorizzazione del 2011, tanto da far riaprire il procedimento di Aia che non si è ancora concluso. Non è una questione di quantità di emissioni - come sembra aver sostenuto il ministero dell’Ambiente, che in alcuni casi ha parlato di livelli «non significativi» - ma di effetti: le sostanze cancerogene, scrive la Commissione, «hanno effetti anche in dosi molto limitate». È il caso dei particolati Pm10 e Pm2,5, i cui effetti sulla salute possono essere gravi.
Ma il punto più delicato è ancora un altro. Secondo la Commissione, la Direttiva non consente infatti di rinviare (nel caso specifico sine die) gli interventi di ambientalizzazione, come è stato fatto per Ilva, «nonostante siano stati individuati gravi e rilevanti pericoli per la salute e per l’ambiente». Questo perché il rispetto delle condizioni contenute nell’autorizzazione deve essere garantito «immediatamente»: «Quando la violazione presenta un “pericolo immediato” per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni “serie ed immediate” sull’ambiente», è scritto nel documento del legislatore europeo, la Direttiva «prevede che l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso fino al ripristino della conformità».
All’udienza parteciperà il capo dell’Avvocatura della Regione, Rossana Lanza, che rappresenta l’ente insieme ad Anna Bucci. La Regione ha sposato sia le richieste dei genitori tarantini (avvocati Ascanio Amenduni e Maurizio Rizzo Striano) sia le criticità rilevate dal Tribunale di Milano. L’adeguamento del siderurgico alle Bat (le migliori tecnologie disponibili), ricorda la Regione, doveva avvenire già entro il 2016, termine poi slittato al 2021 e - da ultimo - al 28 agosto scorso, quando il tempo è scaduto senza che i lavori di ambientalizzazione siano mai stati completati. Tuttavia lo stabilimento è potuto rimanere aperto a colpi di decreti legge che, secondo la Regione, hanno creato «una sorta di area di impunità per la proprietà e la gestione dello stabilimento». E questo nonostante la Corte costituzionale nel 2018 abbia scritto, a proposito del secondo salva-Ilva (2015), che «il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa».