TARANTO - Resta agli arresti domiciliari l’ex direttore dell’Ufficio Postale arrestato per aver piazzato una telecamera nel bagno delle colleghe. Lo ha stabilito il tribunale del Riesame di Taranto che ieri ha rigettato il ricorso presentato dall’avvocato Luigi Semeraro, difensore dell’indagato.
Il collegio, presieduto dal giudice Patrizia Todisco, ha confermato la misura cautelare inflitta dal gip Maccagnano su richiesta del pubblico ministero Mariano Buccoliero che aveva coordinato le indagini dei finanzieri. Ieri mattina, nella sua discussione durata circa un’ora, l’avvocato Semeraro ha provato a fornire una versione differente dei fatti spiegando che lo scopo del direttore non era affatto quello di carpire immagini «hot» delle donne, ma che dopo un poderoso calo lavorativo all’interno dell'Ufficio Postale, l’indagato avrebbe convocato le dipendenti per «spronarle», ma aveva avuto la sensazione che alcune di esse parlassero a sua insaputa contro di lui. Per il difensore, quella situazione avrebbe determinato uno stress psico fisico al direttore che ha definito «notoriamente ligio al proprio lavoro»: insomma dato che non riusciva a raggiungere gli obiettivi richiesti dall'azienda, l’uomo sarebbe stato preso dal timore che qualcuno alle sue spalle stesse «tramando» un piano per allontanarlo da quell'ufficio, al punto da decidere di piazzare una telecamera per ascoltare i discorsi delle colleghe. E così avrebbe scelto quel bagno, in quel momento inagibile, in cui un contenitore di plastica poteva nascondere la microcamera: la difesa ha inoltre aggiunto che se avesse davvero voluto filmare le parti intime delle colleghe, avrebbe scelto l’altro servizio igienico che era più «frequentato».
Una tesi che evidentemente non ha fatto breccia nel collegio di magistrati che hanno invece confermato la misura degli arresti domiciliari: bisognerà attendere le motivazioni della decisione, ma è evidente che i magistrati hanno ritenuto valido il quadro accusatorio e le esigenze cautelari spiegate dal gip Maccagnano. Nei confronti dell’indagato, finora hanno pesato anche altri video fatti fuori dell’ufficio postale ed era stata l'esistenza di questi altri video a spingere il giudice ad accogliere la richiesta di arresti domiciliari e non una semplice sospensione dal lavoro: negli atti dell'inchiesta, infatti, si legge che l'uomo manifesta «una tendenza a dir poco spasmodica a procurarsi ad ogni costo materiale visivo illecito» segno di un «forte fattore criminogeno» che potrebbe spingerlo a ripetere le sue condotte anche «in ambienti di ogni tipo» come camerini, locali pubblici anche «diversi dall'ufficio postale da lui diretto».