Dopo aver ricevuto tantissimo da quel palco, adesso è il tempo di restituire. E di creare spazio, tra la sua essenza di performer e l’arte musicale. Per farlo, Gloria Campaner, musicista e pianista di primissimo livello, ha deciso di abbandonare il palcoscenico per intraprendere un nuovo percorso. Ossia diventare performing coach, e aiutare gli altri artisti.
«È curioso - spiega Gloria - ma è un momento particolare della mia vita: sono veneta, e sto lavorando contemporaneamente per il Map Festival di Taranto, e per il festival “Nei Suoni Dei Luoghi” del Friuli-Venezia Giulia. Tanti impegni continuano a incrociarsi, e anche per questo ho deciso di lasciare da parte per il momento l’attività concertistica». Classe 1986, e alle spalle già una carriera di tutto rispetto (dai teatri più prestigiosi alle numerose collaborazioni eccellenti), Gloria scorge vasti orizzonti per poi organizzarli in idee brillanti. Ne è un esempio illuminante il workshop «See Sharp - Concediamoci il diritto di avere paura» che la musicista ha tenuto un anno fa al Conservatorio «Niccolò Piccinni» di Bari e che poi ha replicato in diverse istituzioni: un laboratorio per aiutare i più giovani e permettere loro di esprimere la propria creatività, indipendentemente dalla mera bravura strumentale.
«Continuo a ricevere tante richieste d’aiuto, da parte dei ragazzi che vogliono fare questo percorso con me: perciò ho voluto istituire un ruolo che non esiste nell’ambito dell’arte e della musica. Ciò che faccio è un laboratorio che vuole essere d’aiuto per i musicisti, come già accade nel mondo dello sport. La lettura del capolavoro di Andre Agassi «Open» è stata illuminante: se non avessi saputo il nome e il ruolo dell’autore, avrei potuto pensare alla figura di qualche artista. Con gli stessi bisogni e le identiche esigenze».Campaner, da artista e intellettuale con un percorso creativo teso sempre alla ricerca e alla scoperta di nuovi obiettivi, continua a sua volta a formarsi in questo settore, per raggiungere l’eccellenza anche in tale ambito. «Vorrei poter diventare un punto di riferimento per chi sceglie di passare la propria vita sul palcoscenico, come d’altra parte ho fatto io stessa finora per più di trent’anni, senza avere alcun aiuto. Ho conosciuto per prima le ansie che contraddistinguono questo genere di attività, e oggi sento il bisogno di aiutare gli altri a imparare a gestire il turbine di emozioni che la musica classica produce in uno studente, o in chi lavora per raggiungere una carriera di un certo livello».