L’emergenza abitativa a Taranto e le case private (vuote) da utilizzare. Il tema lo solleva nello studio denominato «Abitare Taranto» il Politecnico dell’Università delle Marche che ha consegnato al Comune un documento che fotografa la situazione dell’edilizia residenziale pubblica nel capoluogo ionico. Che apre la strada alla definizione del «Piano casa».
Ma, in estrema sintesi, cosa evidenzia quest’approfondimento? Come risulta evidente dal confronto tra il numero di alloggi necessario per soddisfare la domanda di housing sociale a Taranto (2.659 abitazioni) e quelli disponibili allo stato attuale delle politiche urbane in corso di attuazione nel territorio comunale sia da parte del Comune che da parte dell’Arca Jonica, l’offerta non soddisfa la domanda di abitazioni sociali. Pertanto, occorrerà trovare le modalità per ampliarla anche in considerazione del fatto che il capoluogo ionico mostra una significativa emergenza abitativa che andrà risolta.
«Vi è sempre l’ulteriore possibilità - si riporta testualmente - di promuovere operazioni immobiliari di iniziativa privata nel tessuto urbano consolidato. In un territorio segnato da una significativa presenza di abitazioni inoccupate e di case abusive (come già evidenziato nelle proposte di Piano di interventi di recupero territoriale - Pirt – dell’area denominata “Isola Amministrativa C” o a “Lido Azzurro”, in corso di redazione), occorre una grande cautela prima di contribuire a produrre un potenziale ulteriore consumo di suolo agricolo». Facile? Non proprio. «Considerata però, l’elevata quota di alloggi per edilizia sociale di cui si è dimostrata la necessità in questo documento e la contestuale fase di redazione del Piano urbanistico generale (Pug), appare evidente - scrive il gruppo coordinato dall’ingegner Francesco Rotondo - che anche questa possibilità dovrà essere esplorata e ricondotta a criteri di sostenibilità ambientale e economia circolare e riuso, proprio all’interno del nuovo strumento urbanistico comunale».
Infatti, per i docenti universitari e per i dirigenti comunali, sarà proprio il Pug a fornire i criteri ai quali, in assenza o nella difficoltà di attuare soluzioni quali il riuso delle abitazioni inoccupate e la produzione di nuovi alloggi di proprietà pubblica, «sarà possibile riferirsi per l’eventuale attivazione di iniziative in accordo con il privato per la produzione di nuove abitazioni sociali, all’interno della più ampia valutazione del complessivo fabbisogno abitativo comunale in un’ottica di crescente integrazione sociale e degli assetti morfologici residenziali».
Poi, lo sguardo si allrga altrove. In «Abitare Taranto», infatti, si sottolinea che secondo una recente indagine di Nomisma1il disagio abitativo riguarda poco meno di 1,470 milioni di famiglie, vale a dire il 5,7 per cento delle famiglie italiane. Di queste 1,150 milioni vivono in affitto e le restanti 320mila in proprietà. Chi e ̀in affitto paga un canone medio mensile compreso tra i 380-450 euro che grava pesantemente sul bilancio familiare, mentre chi ha la proprietà̀ dell’abitazione deve pagare una rata mensile del mutuo compresa tra i 530-580 euro. La diminuzione del potere di acquisto dei redditi conseguente la crisi economica ha comportato un aumento dell’onerosità delle spese per l’abitazione nei bilanci familiari, aggravando il problema della sostenibilità delle spese per la casa. Da una parte, se la diminuzione del reddito comporta una crescente deprivazione abitativa, dall’altra parte il peso eccessivo dei costi abitativi si traduce in una riduzione del reddito familiare disponibile ed in una conseguente compressione dei consumi o delle possibilità di risparmio. Lo scenario che assume come spesa media mensile per l’affitto l’importo di 200 euro, genera una riduzione significativa della dimensione del disagio abitativo che passa dall’attuale milione di famiglie agli ipotetici 363mila nuclei. «Questa simulazione - si legge nel documento fatto proprio dalla giunta Melucci - mostra come il fenomeno del disagio abitativo possa trovare una risposta all’interno del sistema dell’Erp solo se si interviene per ampliare il parco alloggi e rendere sostenibile la gestione dello stesso a fronte di un impoverimento della popolazione in condizione di disagio abitativo».
Per questa ragione, a Taranto, bisognerebbe attuare delle politiche specifiche per il favorire l’occupabilità e il riuso delle abitazioni inoccupate, «ma anche puntare all’incentivazione della rigenerazione urbana con soluzioni maggiormente creative capaci di accogliere le esigenze dei nuovi utenti del social housing come studenti, giovani coppie e anziani autosufficienti».