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Ex Ilva, il grido delle aziende dell'indotto: «Lo Stato faccia la sua parte»

 
Redazione online

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«Tragedia sfiorata all'Acciaieria 2 dell'ex Ilva di Taranto»

«Noi - aggiungono - abbiamo, in questo ultimo decennio, dimostrato grande resilienza collaborando alla risoluzione di ogni problematica, in ogni fase della vita dell’impianto, anche a discapito delle nostre progettualità e programmi industriali»

Lunedì 19 Dicembre 2022, 12:38

14:49

TARANTO - «Le aziende tarantine facenti parte dell’indotto chiedono risposte concrete e definitive. Lo Stato faccia la sua parte e ci permetta di lavorare». Lo affermano in un documento diverse ditte dell’indotto-appalto dello stabilimento siderurgico Acciaierie d’Italia intervenendo in merito alla vertenza dell’acciaieria e al futuro della governance della compagine societaria formata da ArcelorMittal e Invitalia. «Noi - aggiungono - abbiamo, in questo ultimo decennio, dimostrato grande resilienza collaborando alla risoluzione di ogni problematica, in ogni fase della vita dell’impianto, anche a discapito delle nostre progettualità e programmi industriali; abbiamo accettato transazioni ed accordi, pur di garantire continuità lavorativa alle aziende e ai dipendenti; siamo stati un vero e proprio ammortizzatore sociale». «Ora - sostengono le imprese - chiediamo tutti insieme - imprenditori che investono, dipendenti che producono, professionisti che operano con le aziende, e ogni categoria investita del problema - che il nuovo Governo rispetti e faccia rispettare gli impegni presi nel 2020 da Invitalia, riconfermati quest’anno, e che finiscano le diatribe all’interno di questa azienda composta da Stato e privato». Secondo i piani sottoscritti, si afferma ancora nel documento, «Invitalia doveva far entrare nelle casse di Acciaierie misure finanziarie speciali per 900 milioni di euro più altri 700 milioni tramite garanzie Sace, e anche altre garanzie minori. Il Governo deve intervenire subito per far entrare quei fondi. Poi i soci si accorderanno su altro, ma intanto che entrino i soldi, che già ci sono».

«Al nuovo governo e al ministro Urso noi diciamo che non c'è più tempo da perdere e non c'è più la possibilità di rinegoziare continuando a lasciare le redini in mano ad ArcelorMittal. Io sono stato quello che si è spinto anche in avanti sostenendo che in questo momento non è un problema di governance ma di proprietà. Lo Stato deve riprendersi gli asset che sono così importanti per l’economia». Lo ha detto il segretario generale della Uilm Rocco Palombella a margine della sua partecipazione al consiglio territoriale della Uilm di Taranto in cui si è parlato della vertenza Acciaierie d’Italia e delle crisi aziendali del territorio. Presenti il coordinatore Uilm Puglia Antonio Talò e il coordinatore provinciale Uil di Taranto Pietro Pallini. «Diciamo no - ha aggiunto Palombella - ai ricatti. Occorre una linea dura da parte del governo. L’alternativa è che o ArcelorMittal diventa socio di minoranza oppure, se non è questo, che lo Stato requisisca lo stabilimento per inadempienza contrattuale. Noi ci aspettiamo domani e il 23 che non ci siano regalie, che non ci siano concessioni per il timore che la situazione degeneri». Cosa, si chiede il leader della Uilm, «bisogna aspettare più? L'ultimo esempio delle 145 aziende e dei 2mila lavoratori dell’indotto messi alla porta, come accaduto per i lavoratori di Ilva in As e di quello sociali in cassa integrazione, è emblematico. Quel miliardo che ora il privato chiede di gestire in pochissimi mesi verrà bruciato se non ci sarà una finalizzazione vera. Lo Stato deve intervenire e assumere il controllo diretto dello stabilimento».

«Ormai continua a tenere banco la vertenza dell’Ilva con il consiglio di amministrazione che si riunisce senza decidere e il governo che deve continuare ad insistere per poter assumere la maggioranza delle quote della società e riequilibrare la governance. La tanto sventolata nazionalizzazione passerebbe per diventare un altro fallimento e farebbe uscire in ginocchio le varie aziende». Lo ha dichiarato Valerio D’Alò, responsabile Siderurgia della Fim Cisl, intervenendo al Consiglio generale della Fim territoriale Taranto Brindisi. «Il riequilibrio della governance - ha ribadito D’Alò - sarebbe l’unico modo per poter garantire che i due miliardi dei dl Aiuti siano utilizzati per gli investimenti, per le aziende d’appalto che sono ancora in sofferenza e per i lavoratori in Amministrazione straordinaria». «Chiediamo al governo - aggiunge - di insistere, di riprendere tutti i tavoli aperti e di portarli a conclusione».
Al Consiglio generale della Fim Cisl Taranto-Brindisi, che ha fatto il punto sui problemi della metalmeccanica presenti nelle due province, hanno partecipato anche il segretario generale Michele Tamburrano, il segretario generale aggiunto Biagio Prisciano, il componente di segreteria Pietro Cantoro, il segretario generale della Fim Cisl Puglia Gianfranco Gasbarro e il segretario territoriale della Ust Cisl Taranto Brindisi Antonio Baldassarre. «Per quanto riguarda le problematiche aziendali del territorio di Brindisi - è detto in una nota del sindacato - quello che più preoccupa è la vertenza Gruppo Dema Dar che mette a rischio il futuro occupazionale di circa 170 lavoratori, in aggiunta agli 80 posti di lavoro già precedentemente persi legati alla Dcm. Si punta ad un patto territoriale al fine di perdere meno posti nel cambio appalto».

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