TARANTO - Luminarie natalizie ed eventi in previsione delle festività non bastano, nel Borgo di Taranto ci sono sempre più commercianti storici e prestigiosi come Lord, che hanno fatto la storia di questa città che chiudono le attività per sempre. Su un cartello affisso sulle vetrine vuote di via Di Palma si legge che la vendita continua altrove. Intanto lo storico «store» nel cuore della città è chiuso. Il potere d’acquisto sempre più basso, il prezzo sempre più alto degli affitti per i locali commerciali, le tasse, i negozi online e la mancanza di aree parcheggio, rendono difficile la vita dei negozi di vicinato. Quelli che continuano ad andare avanti per Leonardo Giangrande, presidente di Confcommercio Taranto, «sono degli eroi».
«La situazione è drammatica al netto di chi chiude e di chi apre. Il Borgo non è più attrattivo. Anche in ottica futura, chiedo a chi ha delle responsabilità politiche grande attenzione verso questo tema». Per il presidente di Confcommercio sono 12mila le famiglie che hanno scelto di lasciare il Borgo e trasferirsi in altri quartieri. «Bisogna trovare politiche attive che facciano tornare la gente attraverso i servizi. Altrimenti chi investirà? E perché dovrebbe farlo?».
La mancanza di parcheggi - «Noi abbiamo appreso che l’amministrazione sta cercando delle strutture per creare dei silos e dei parcheggi. Credo che questa sia la strada più giusta, perché riteniamo che uno dei grossi problemi legato al Borgo sia la questione dei parcheggi -sottolinea Giangrande. Se pensiamo al Borgo ci rendiamo conto che è pieno di opportunità perse, perché lì la gente va, ma non riesce a trovare parcheggio. Ora poi ci sono le iniziative dei parcheggi alla Caserma Mezzacapo, bisogna affrontare il tema in maniera più strutturale e più importante».
La situazione economica - «Oggi chi decide di fare impresa è un eroe specialmente da quando è partita la crisi economica finanziaria del 2009-10. L’economia in generale e la città, soprattutto, hanno vissuto situazioni di grandi difficoltà, licenziamenti. È una città che si sta ripensando, ma se non si porta economia difficilmente si riprende il motore dello sviluppo. Per far risvegliare l’economia bisogna rimettere in campo una serie di azioni politiche attive di incentivazione -propone Giangrande. Per tre o cinque anni si potrebbe agevolare le nuove attività non facendo pagare la Tosap e la tassa sulle insegne, come è stato fatto in altri comuni. Una politica che incentivi a far ritornare le imprese al Borgo. Questo sarà il tema del futuro, perché se uniamo alla desertificazione, le vendite online, è chiaro che i negozianti fanno fatica».
Vendite online - «Questo è un tema importante -afferma il presidente di Confcommercio. Le persone si collegano su un sito online e fanno gli ordini, ma non comprendiamo che ad ogni azione c’è una reazione. In questo caso la reazione negativa è che le imprese chiudono, provocando una desertificazione. Quando si abbassano definitivamente le saracinesche di intere vie è chiaro che c’è un problema di servizi, di decoro urbano, di sicurezza, di illuminazione che vengono a mancare. Perché oggi, sfido chiunque a pensare di aprire un’attività con una situazione economica disastrosa, ci mancava il rincaro bollette per dare definitivamente il colpo di grazia alle aziende. Perché tanto tu ormai fai l’ordine e dopo qualche ora hai in casa il pacchetto. Ma a quanto arriva il danno della filiera? Secondo me incalcolabile. Quindi poi non ci lamentiamo se le strade sono deserte, buie, senza decoro, senza sicurezza».
La povertà dei ceti medi - In questa ottica la situazione economica della città sta soffrendo a 360 gradi. Il motore è ripartire avendo una visione di sviluppo, se non si riporta reddito è difficile. Gli indici che bisogna tener presente, sono quelli del reddito pro capite, il potere d’acquisto che ognuno di noi ha da poter spendere. Se noi paragoniamo i 30mila euro di reddito pro capite degli abitanti del Trentino ai 17mila euro nostri, c’è quasi il doppio di redditività da spendere. È difficile fare impresa in una situazione come questa. La domanda che pongo io è: perché io doverei tenere aperta un’azienda che oggi è tassata fra il 65 e il 68% da i tre livelli centrale, regionale e comunale? Quando invece ci sono colossi che pagano quattro soldi di imposte. O ci si mette intorno ad un tavolo con tutte le parti economiche, datoriali, professionisti che accompagnano le imprese e politica per aprire un dibattito su questo tema complesso, oppure noi vedremo sempre più gente che decide di chiudere e non aprire più.