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Massafra, la battaglia dell’ex marinaio Antonio «Sopravvissuto al cancro mi sento un orfano di Stato»

Massafra, la battaglia dell’ex marinaio Antonio «Sopravvissuto al cancro mi sento un orfano di Stato»

 
Debora Piccolo

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Debora Piccolo

Massafra, la battaglia dell’ex marinaio Antonio «Sopravvissuto al cancro mi sento un orfano di Stato»

«L’ho servito fino a prima di ammalarmi. Negata l’invalidità di servizio»

Mercoledì 16 Novembre 2022, 13:28

MASSAFRA «Il Ministero della Difesa non mi riconosce l’invalidità di servizio. Mi sento orfano di uno Stato che ho servito fino al giorno prima di ammalarmi».

Antonio Giannico, 41 anni, di Massafra, è uno degli ex militari «invisibili» sopravvissuti al cancro contratto per esposizione all’uranio impoverito durante le missioni di pace internazionale. Una vicenda difficile e spinosa la sua, come quella di centinaia di soldati e familiari di chi non c’è più, in attesa di giustizia. Una lunga battaglia legale, ancora in corso, che ha segnato l’ultimo ventennio.

Nel 1999, all’età di 17 anni, Antonio si arruola nella Marina Militare con anticipo di leva.

L’anno seguente, viene imbarcato su nave “Alpino” dove lavora sotto bandiera Nato e poi all’estero, in mare Adriatico, impiegato nello sminamento con unità cacciamine per il recupero di ordigni bellici.

Sempre nel 2000, l’imbarco su nave “Lipari”, l’unità di Moto trasporto costiero che lo vede impegnato nell’attività di trasporto di automezzi militari e materiali bellici utilizzati nell’operazione “Albania2”.

«Quei mezzi di rientro in patria, attraverso l’Albania, impiegati in aree balcaniche - spiega - venivano ancorati al ponte della nave esponendo il personale, inconsapevole del rischio, al contatto diretto con le polveri sottili catturate dal mezzo».

Negli anni, lavora su altre unità navali. Fino al 2011, quando si ammala.

«Quell’anno scopro di avere un carcinoma papillare alla tiroide. Una forma di cancro molto aggressiva. Al policlinico “Gemelli” di Roma mi asportano la tiroide e mi sottopongono a due cicli di radioterapia. La commissione medica dell’Asl mi dichiara invalido all’85 per cento».

Invalidità non riconosciuta, però in sede militare, con l’esclusione della malattia professionale e conseguente risarcimento del danno.

«La vicenda dell’invalidità è stata una doccia fredda. Quello Stato che ho servito con orgoglio, fino a poco prima della malattia, mi aveva tolto le stellette e girato le spalle mandandomi all’impiego civile, nella vecchia caserma Mezzacapo di Taranto».

Antonio, attualmente agente di pubblica sicurezza nella Direzione di Munizionamento della Marina Militare, a Buffoluto, ad un anno dall’intervento chirurgico scopre una recidiva che gli viene trattata con lo Iodio131. Dal 2013 si può considerare finalmente guarito dal tumore pur restando sotto continui controlli medici.

Da allora, la vicenda prende la via giudiziale. Alla sofferenza fisica si aggiunge quella causata dal diniego di giustizia e si affida all’avvocato Angelo Fiore Tartaglia di Roma, consulente legale dell’Associazione nazionale vittime dell’uranio impoverito, con circa 300 sentenze vinte pronunciate dai giudici civili e amministrativi, che, ribaltando “la verità di Stato”, attestano la correlazione tra gravi forme tumorali ed esposizione all’uranio impoverito, utilizzato per anni nell’industria bellica, e condannano il Ministero della Difesa a risarcire i danni.

Su consiglio del legale e del presidente dell’Osservatorio militare nazionale vittime dell’uranio impoverito (497 decessi ed 850 malati, il report dello scorso mese di ottobre), Domenico Leggiero, si indaga sul suo carcinoma nel laboratorio modenese di ricerca e diagnostica di nanopatologie.

«Dalla massa tumorale asportata viene fuori la presenza di metalli pesanti che si assumono soltanto mediante contaminazione. Da questa pistola fumante, l’avvocato Tartaglia avvia anche per me il procedimento legale per la richiesta di risarcimento danni come vittima del dovere».

Tuttavia, i problemi di salute non lo abbandonano. Durante le visite mediche periodiche di controllo, nel 2018, Antonio scopre un grave problema cardiaco che lo sottopone ad un intervento chirurgico d’urgenza all’aorta toracica. Un anno dopo, gli viene rimosso un carcinoma della pelle.

«Il mio corpo è pieno di sostanze tossiche che potrebbero darmi problemi anche in futuro. Questo stato di cose mi preoccupa, ma affronto tutto con la serenità di uomo di fede».

In questi anni faticosi abbraccia il volontariato. «Dopo il primo tumore, mi sento solo. La sofferenza mi spinge a dare un senso al mio disagio. Decido, quindi, di fondare la onlus “Sorriso Francescano” al servizio dei bisognosi». L’ultimo progetto, in ordine di tempo, con Ignazio D’Andria del Minibar del quartiere Tamburi di Taranto, la realizzazione della casa vacanze “Nadia Toffa” per i bambini malati oncologici che sorgerà nella vecchia stazione ferroviaria di Marina di Chiatona.

Nel 2018, il Comitato spontaneo antimafia catanese di Riposto gli conferisce il Premio internazionale dedicato ai giudici Livatino-Saetta-Costa per l’impegno sociale. Nel frattempo, la sua fiducia nella giustizia rimane salda. Tra le difficoltà, trova la forza di andare avanti.

«Sento il dovere di continuare a lottare per tutti i colleghi che ho visto andar via, lasciando mogli e figli. La mia battaglia è anche la loro».

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