MANDURIA - Lascerà a breve il carcere di Taranto Pietro Dimitri, 76enne autore dell’omicidio della convivente Giuseppa Loredana Dinoi, 71enne uccisa a coltellate il 12 ottobre 2021 a Manduria. La corte d’assise di Taranto ha infatti accolto la richiesta avanzata dal difensore, l’avvocato Alessandro Scapati, e dopo una perizia psichiatrica che ha confermato l’incompatibilità del regime carcerario con il quadro di salute dell’imputato, ha disposto il suo trasferimento in un centro clinico specializzato. La decisione è stata presa dopo gli accertamenti svolti dal perito, lo psichiatra Bruno Tripaldelli, che ha evidenziato la necessità di effettuare, si legge nell’ordinanza emessa dalla corte presieduta dal giudice Giuseppe Licci, ulteriori «approfondimenti e monitoraggi specialistici»: nuovi esami che evidentemente non posso essere eseguiti all’interno dell’istituto penitenziario in cui Dimitri è attualmente detenuto. La struttura in cui sarà trasferito, tuttavia, dovrà essere individuata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria visto che il pubblico ministero Enrico Bruschi, nel suo parere ha chiarito che le prestazioni sanitarie richieste dal perito «possono essere fomite da idonee strutture sanitarie penitenziare». Dimitri, quindi, lascerà il carcere, ma non tornerà a casa né sarà condotto in un ospedale: la decisione della corte, infatti, dispone che dovrà essere trasferito in un «Centro Clinico specializzato carcerario» che dovrà essere individuato dal Dap.
La richiesta dell’avvocato Scapati, che insieme al collega Dario Blandamura, assiste il 76enne, è giunta dopo il tentativo di suicidio dell’8 ottobre scorso. In quell’occasione Dimitri si era provocato una serie di tagli con lo scopo di togliersi la vita, ma il personale dell’istituto era intervenuto tempestivamente salvandogli la vita. Non è tuttavia la prima volta. Anche quel giorno di ottobre, quando colpì la donna con decine e decine di fendenti sferrati con un grosso taglierino al volto, al collo, al torace e agli arti, Dimitri aveva poi tentato di farla finita. Poco dopo il brutale assassinio, infatti, il 76enne, già noto agli investigatori per i suoi precedenti, chiamò i carabinieri e confessò di aver ucciso la convivente annunciando di volersi suicidare. L’uomo si inflisse alcuni colpi, ma le ferite agli arti superiori e al collo non furono letali. I militari dell’Arma, in realtà, erano già stati allertati dai vicini di casa e arrivarono sul posto in tempi molto rapidi: una volta giunti sul luogo del delitto, ritrovarono il corpo senza vita della donna mentre Dimitri era nella stanza accanto. L’uomo fu stato trasportato in ambulanza all’ospedale Giannuzzi di Manduria dove fu ricoverato in stato di arresto per omicidio volontario. Quando le sue condizioni sono migliorate per lui si aprirono le porte del carcere. Per la donna, però, non c’era più nulla da fare: le coltellate inferte avevano già provocato lesioni mortali. Il pubblico ministero Enrico Bruschi che coordinò le indagini, chiese e ottenne contro Dimitri il giudizio immediato saltando quindi l’udienza preliminare: per il 76enne che rischia la condanna all’ergastolo, secondo le nuove norme del codice di procedura penale, non è concessa la possibilità di accedere al rito abbreviato che avrebbe previsto, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena. Nel processo si sono costituite parti civili sette persone: fratelli e sorelle della vittima, attraverso l’avvocato Lorenzo Bullo, hanno chiesto al 76enne il pagamento di un maxi risarcimento da 4 milioni e 500mila euro.