Un funerale trasformato in una rissa e un’intera famiglia di Taranto sotto processo. Sono 9 i membri di un nucleo familiare finiti a giudizio per gli insulti, gli sputi, le minacce e persino le mazzate che si sarebbero scambiati e che ora rischiano una condanna penale a meno che gli avvocati Armando De Leonardo, Stefania Cantoro e Diego Maggi non riescano a ottenere una raffica di assoluzioni.
Stando a quanto si legge nelle denunce che gli ormai ex parenti si sono reciprocamente lanciate, tutto comincia in una calda mattinata di luglio 2017 in un appartamento a pochi metri da viale Magna Grecia dove era stata allestita la camera ardente per dare l’estremo saluto a una donna ultra ottantenne morta il giorno prima. A un certo punto della mattinata, quando in ci sono molti parenti della donna, arrivano anche gli agenti della Polizia Penitenziaria: scortano uno dei figli che in quel momento era detenuto. L’uomo ha ottenuto il permesso dal tribunale per visitare la salma, ma probabilmente non quello di tutta la famiglia. Alcuni parenti infatti, sono contrari che l’uomo saluti l’anziana defunta. Non solo.
Alcuni parenti non vogliono che il figlio dell’uomo detenuto metta in piede in casa: qualche tempo prima, quel giovane, era stato denunciato dai suoi stessi parenti per aver rubato l’oro della vecchia signora. Altri invece sono favorevoli e mugugnano contro chi si oppone. La tensione è palpabile. A calmare gli animi, però, ci pensano i poliziotti: spostano i parenti contrari in un’altra stanza per permettere a padre e figlio di salutare la salma. Mezzora dopo vanno via e tutto sembra tornare alla normalità. Sembra, appunto. Davanti alla chiesa, infatti, succede di tutto: insulti, sputi, spintoni. E mazzate. Una donna finisce per terra e poi al pronto soccorso. Qualcuno cerca di difenderla e si lancia nella mischia: il corteo funebre è ormai in una rissa reale degna del wrestling anni ‘90. Fuori dalla cancellata della chiesa volano anche minacce: «ti devo fare fuori!» e ancora «pago qualcuno e ti faccio fare fuori». Fra gli sguardi increduli dei parenti piombano persino due Volanti della polizia che, tra l’imbarazzo e la fatica, riescono nuovamente a placare la rabbia. Ma il rischio che la situazione degeneri è troppo alta. E così, poliziotti attendono la fine della cerimonia e poi scortano a passo d’uomo il corteo. Quando tutto sembra finito, in realtà succede dell’altro. Il nuovo round si svolge nel pronto soccorso dove ci sono membri delle due fazioni: divisi solo da un telo, qualcuno continua a lanciare minacce: «aspettami che ti devo sparare». Fortunatamente, però, gli unici proiettili sono gli insulti che tutti continuano a lanciarsi anche telefonicamente nei giorni successivi. A distanza di cinque anni dai fatti, però, c’è un nuovo round davanti al magistrato. Forse l’ultimo. Forse.