TARANTO - Sarà un processo a fare luce sull’incidente che il 10 luglio 2019 costò la vita al 40enne Cosimo Massaro, operaio che manovrava la gru dell’ex Ilva finita in mare durante un tornado. È stato il giudice Rita Romano ad accogliere la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pubblici ministeri Raffaele Graziano e Filomena Di Tursi e a disporre l’avvio del dibattimento per sette dirigenti della fabbrica e per la società Arcelor Mittal che all’epoca dei fatti gestiva la fabbrica.
Alla sbarra sono finiti Stefan Michel Van Campe, ex gestore per ArcelorMittal Italia dello stabilimento nel 2019, e gli allora dirigenti Vincenzo De Gioia, Carmelo Lucca, Giuseppe Dinoi, Andrea Dinoi, Mauro Guitto e infine Teodoro Zezza, capo del turno precedente rispetto a quella durante il quale è avvenuto l’incidente mortale di Massaro.
Nei confronti dei sette, difesi dagli avvocati Franz Pesare, Egidio Albanese, Francesco Nevoli, Armando Pasanisi, Enzo Sapia e Antonio Liagi, i reati contestati sono di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e cooperazione omicidio colposo. Dalle attività di indagine, svolte dai tecnici dello Spesal, dalla capitaneria di Porto e dai poliziotti della sezione di polizia giudiziaria della procura di Taranto, è emerso che tutte le gru, con le quali vengono scaricate dalle navi le materie prime poi stoccate nel parco minerali, versavano in condizioni pessime di sicurezza.
Quel giorno furono tre le gru spostate dal vento: la Dm5 finì in mare, la Dm6 e la Dm8 invece si accatastarono sulla prima. Ma la colpa, per la procura, non è del tornado: le cosiddette «tenaglie antiuragano» delle gru, i dispositivi che avrebbero dovuto resistere a quelle raffiche di vento, «non venivano – secondo l’accusa - installati ed utilizzati in conformità alle istruzioni di uso». L’incidente, quindi, poteva essere evitato secondo gli inquirenti se quei dispositivi fossero stati installati e utilizzati nel modo corretto. Non solo. Quel giorno i vertici della società consentirono «la prosecuzione delle lavorazioni in quota - si legge negli atti di inchiesta - malgrado le avverse condizioni meteo che esponevano il personale a inaccettabile rischio che non veniva minimamente valutato».
La gru su cui ha trovato la morte Cosimo Massaro era la stessa sulla quale a novembre 2012, aveva perso la vita Francesco Zaccaria: proprio quella vicenda aveva messo in risalto le gravi lacune strutturali e di sicurezza alle quali, tuttavia, i vertici della multinazionale non avrebbero posto rimedio. Per la procura quindi nonostante la prima tragedia e il tempo trascorso evidentemente non era stata fatta un’attività di controllo e manutenzione per evitare che si ripetesse la tragedia.