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Taranto, altra Cig per non decidere sull'ex Ilva

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

Taranto, altra Cig per non decidere dell'ex Ilva

Il sindaco Rinaldo Melucci: «Non c’è in agenda quello che chiede la città, cioè il danno sanitario, il fermo dell’area a caldo, l’arretramento dello stabilimento»

Mercoledì 27 Maggio 2020, 10:46

10:47

TARANTO - In attesa del piano industriale, ecco servite altre 5 settimane di cassa integrazione. ArcelorMittal usa la casuale Covid per continuare a lasciare a casa buona parte dei dipendenti dello stabilimento siderurgico di Taranto, convocando i sindacati per domani allo scopo di tentare una intesa. La proroga della cassa è chiesta per lo stesso numero per la quale è scattata a fine marzo, ovvero 8173 addetti dello stabilimento di Taranto di cui 3262 addetti dell’area a caldo, 1561 dell’area a freddo e 3350 dell’area servizi. In cassa andranno 5626 operai e 1677 impiegati. Il numero di cassintegrati richiesto va inteso come tetto massimo ed equivale alla forza lavoro di Taranto. Attualmente la cassa Covid sta interessando nello stabilimento più di 3200 dipendenti ArcelorMittal essendo fermi molti impianti tra cui l’altoforno 2, l’acciaieria 1 e i treni nastri. Nella call conference di lunedì col Governo e i sindacati, l’amministratore delegato di ArcelorMittal, Lucia Morselli, illustrando i problemi dell’azienda, ha detto: «Tutti i giorni i nostri clienti – automotive, meccanica, costruzioni – ci mandano mail chiedendo di rinviare di mesi la spedizione e non sanno cosa farsene. Non laminiamo – ha detto ancora l’ad di ArcelorMittal – perché si lamina quando si spedisce. L’unica cosa che possiamo fare sono le bramme, che sono pronte per la fase di finitura quando il cliente ci richiederà di spedire e anche di spedire le cose che vorrà».

«Mi sembra come quelle partite di pallone dove si fa melina per arrivare ai supplementari. In realtà nessuno vuole tirare in porta il pallone finale, quello vincente» commenta di par suo il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. «Non siamo ovviamente soddisfatti delle cose che abbiamo sentito lunedì - afferma il primo cittadino -, ma prendiamoci anche noi il tempo di capire cosa stanno trasferendo nelle carte. Siamo abituati a valutare i fatti. Se i fatti sono il richiamo ad un accordo del 4 marzo, che era trapelato, che ufficialmente non abbiamo mai visionato e che era già un accordo ampiamente insoddisfacente per la città, non possiamo certo essere entusiasti di quest’annuncio di ArcelorMittal che intende restare. Credo che sia soltanto tattica al momento - prosegue il sindaco di Taranto -. Credo che ci sia anche il bisogno del Governo di preservare, per quanto possibile, gli asset in questa transizione, però io non posso che ribadire a tutti gli interlocutori che le priorità della città oggi sono altre.

Se continuo a sentire numeri massimi sulla produzione e sull’occupazione e non sento che c’è in agenda quello che chiede la città, cioè il danno sanitario, il fermo dell’area a caldo, l’arretramento dello stabilimento, tutta una serie di questioni che ormai da tempo abbiamo sollevato, resto ovviamente molto cauto, molto guardingo. E aspetto - sostiene il sindaco di Taranto - che ci coinvolgano e ci convochino all’interno di una cornice ufficiale che è quella dell’accordo di programma. Degli 11mila lavoratori abbiamo grande rispetto e siamo solidali. Ma non sono tutti cittadini residenti a Taranto. Stiamo parlando probabilmente - conclude Melucci - di un terzo di tarantini. Poi manca anche un mondo di associazionismo, un mondo datoriale che in questo momento è stato usato da bancomat da ArcelorMittal. Prima quindi di parlare di Sistema Paese, di rappresentatività, dobbiamo avere le idee chiare di cosa è quello stabilimento sul territorio».

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