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Coronavirus Taranto, crollo della domanda per il pesce fresco

 
Emanuela Perrone

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Emanuela Perrone

La città vecchia di Taranto

Le conseguenze inevitabili dello stop forzato della ristorazione

Martedì 05 Maggio 2020, 11:33

TARANTO - Trend negativo per il comparto pesca. Anche a Taranto lo stop forzato della ristorazione, principale fonte di guadagno per la categoria, ha determinato un crollo della domanda di pesce fresco, costringendo quindi gli operatori del settore ad un fermo volontario dei pescherecci.

«Pur potendo esercitare l’attività di pesca e acquacoltura non sappiamo a chi vendere il prodotto. - commenta Mimmo Bisignano, responsabile provinciale Lega Coop Pesca – I ristoranti sono chiusi e le pescherie anche se aperte, non operano nell’espressione maggiore delle loro potenzialità commerciali. Dal 10 marzo e per tutto il mese siamo stati quindi fermi. Ad aprile, siamo andati in mare solo un paio di giorni alla settimana, alternandoci. Abbiamo diminuito lo sforzo di pesca del 60% per fare in modo che l’offerta sul mercato fosse limitata, conformandola alla domanda».

Una soluzione, aggiunge Bisignano, «che si è rivelata intelligente sia dal punto di vista economico che ambientale. Ovviamente – prosegue - abbiamo dei costi da sostenere anche noi e i pescatori lavorando solo pochi giorni al mese, hanno difficoltà a coprire tutte le spese».

La flotta tarantina è composta da 120 imbarcazioni di piccola pesca, tutte iscritte al registro comunitario europeo. Un comparto che dà da vivere a 400 famiglie.

«C’è stata data la possibilità di usufruire della cassa integrazione per i periodi di inattività – riferisce ancora il rappresentante del comparto - ma il sussidio ancora non è arrivato e da quel che sappiamo non sarà erogato nell’immediatezza. Senza un sostegno economico agli operatori, sarà un vero problema andare avanti. Già il settore è sofferente per le problematiche legate all’inquinamento, ora la pandemia rende ora ancora più preoccupante la situazione».

Da un’analisi regionale di Coldiretti, e che trova conferma anche a livello territoriale, si registra anche una diminuzione del consumo casalingo di pesce fresco. In Puglia paradossalmente i consumi di pesce sono tra i più bassi d’Italia. Solo il 57% dei pugliesi consuma pesce almeno una volta alla settimana, al 14esimo posto della classifica nazionale, ne mangia meno di campani, marchigiani, lucani, umbri, abruzzesi, toscani, valdostani e liguri.

«Con l’avanzare della crisi economica le famiglie che non ricevono più lo stipendio e ancora attendono la cassa integrazione si orienteranno sull’acquisto di prodotti di prima necessità, non certo sul pesce. - fa notare Bisignano - La nostra preoccupazione è che non ripartendo l’intera macchina economica, andremo incontro ad un periodo di grande sofferenza. Noi cercheremo di andare avanti e non arrenderci. L’unica consolazione – spiega poi - è che con il fermo delle nostre attività c’è stato un maggior ripopolamento in mare. Inoltre questo è anche il periodo in cui si verificano le riproduzioni di molte specie».

Anche la mitilicoltura al momento ancora resiste. «Il prodotto si sta avviando a maturazione. Il problema – conclude - si verificherà nei prossimi mesi se non si dovesse sbloccare la situazione».

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