TARANTO - Nel 2006, quando fu istituito, si chiamava Fondo Europeo di adeguamento alla globalizzazione ed aveva un campo di applicazione che serviva a fronteggiare i guai economici provocati proprio dalla globalizzazione, giocando insomma in difesa delle produzioni e dell'occupazione a livello europeo. Nel maggio scorso, invece, è diventato il Fondo Europeo per la transizione, perché la Commissione Europea vuole farne uno strumento in grado, innanzitutto a livello normativo, di offrire un supporto concreto a coloro che si trovano a dover affrontare ciò che può essere definito come un effetto collaterale dell’innovazione, cercando di instradare il cambiamento in atto in una direzione che possa portare a un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse, tenendo in considerazione le esigenze delle aziende e senza porre freno all’innovazione.
Proprio dal Fondo Europeo per la transizione potrebbero arrivare le risorse – sono in ballo almeno un paio di miliardi di euro – necessarie per riconvertire lo stabilimento siderurgico di Taranto, che è pur sempre come potenza installata l'acciaieria più grande d'Europa, e spingerla verso il graduale addio al carbone.
Già domani, martedì 14 gennaio, la Commissione europea dovrebbe svelare i dettagli sul funzionamento del Fondo di transizione equa per la decarbonizzazione. Il nuovo strumento, parte fondante del Green New Deal, è considerato la chiave per assicurarsi il via libera alle politiche climatiche europee da parte dei paesi dipendenti dal carbone (come quelli appartenenti al gruppo di Visegrád ma la stessa Italia nel caso dell'Ilva di Taranto), che devono affrontare una grande sfida energetica. La Polonia, infatti, è l’unico paese dell’Ue che ha rifiutato di aderire all’obiettivo della neutralità climatica in occasione di un vertice di dicembre, affermando di aver bisogno di maggiori garanzie sui finanziamenti prima di concordare sul nuovo obiettivo di decarbonizzazione entro il 2050.
Il fondo era stato pensato in un primo momento per la costruzione di nuovi impianti in sostituzione delle centrali elettriche a carbone, poi in sede di trattativa politica si è riusciti ad allargare le maglie del fondo per inserire anche la transizione energetica dell’Ilva. Il fondo sarà gestito secondo le regole della politica di coesione e trarrà risorse dal bilancio a lungo termine dell’Ue (ancora in fase di negoziazione) attingendo dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo sociale europeo Plus, oltre che dagli strumenti di investimento della Bei (Banca Europea per gli Investimenti) e dai programmi nazionali. A fronte di ciò, il punto è capire quanto denaro verrà prelevato dal bilancio Ue. Quello che si prevede è che sia improbabile che il denaro fresco per il Fondo di transizione equa (vale a dire, finanziamenti ad hoc non reperiti da azioni di re-indirizzamento) superi la soglia dei 10 miliardi, tanto è vero che le ultimissime cifre parlano di 7,5 miliardi di euro.
Dai produttori di acciaio europei più volte è giunta alla Commissione Ue la richiesta di introdurre misure in grado di accompagnare il processo di transizione energetica e di abbandono graduale del carbone, misure sotto forma di aiuti economici da disciplinare con una normativa ad hoc per evitare di incorrere nella procedura di infrazione obbligatoria in presenza di sospetti «aiuti di Stato».
«Non possiamo risolvere il problema da soli» ha ripetuto nei mesi scorsi Lakshmi N. Mittal, presidente e amministratore delegato di ArcelorMittal, la multinazionale dell'acciaio che dall'1 novembre del 2018 gestisce in fitto finalizzato all'acquisto il complesso aziendale ex Ilva. «Fondamentali per una transizione di successo – dice mister Mittal . saranno nuove politiche di sostegno intese a garantire condizioni di parità su scala globale, l’accesso a energie rinnovabili a prezzi sostenibili, nonché l’accesso ai finanziamenti. Sono quindi necessari la piena comprensione delle dinamiche attinenti all’industria siderurgica mondiale e un sostegno analogo a quello che ha consentito la crescita del settore delle energie rinnovabili. Al pari delle aziende siderurgiche leader nel mondo, siamo impegnati nel perseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi e voglio rassicurare i nostri stakeholder che faremo del nostro meglio per contribuire efficacemente a un mondo a basso tenore di carbonio e, in tal modo, aiutare ognuno a gestire i propri rischi e ambizioni».
Ora bisognerà vedere come, e quanto, il fondo europeo influenzerà il piano industriale al quale il Governo sta lavorando con ArcelorMittal per ridisegnare il layout del siderurgico di Taranto.