BARI - Ha ottantasei anni, fa il barbiere sin da bambino e, giovedì prossimo, la sua attività compirà sessant’anni. Se Giovanni Manobianco non è nato con pettine, forbici e rasoio tra le mani, poco ci manca. Ancora oggi, dopo decenni di onorato servizio, a «darci un taglio» non ci pensa nemmeno e ogni venerdì e sabato mattina è lì, nel suo salone, pronto ad accogliere con un sorriso e quell’immancabile gentilezza d’altri tempi i clienti di una vita. Soprattutto i più affezionati, che al suo tocco non intendono rinunciare, approfittando della sua abilità nelle acconciature classiche. Ma delle più stravaganti non vuole sentir parlare. «A quelle ci pensa mio figlio», dice sorridendo.
Nato a Bitetto il 5 ottobre del 1937, a soli sette anni rimase affascinato dalla pulizia praticata dai pochi barbieri operanti nel suo territorio. Fu quel particolare a fornirgli l’illuminazione necessaria a intravedere il florido futuro. Un faro puntato sulla strada del successo professionale. Una via che aspettava solo di essere percorsa e lungo la quale si incamminò senza perdere tempo. Nove anni più tardi, poi, il salto di qualità grazie al suo arrivo «Da Pomponio», storico salone di Bari degli anni Cinquanta, dove iniziò a farsi notare e benvolere.
Negli occhi di Giovanni si legge ancora la gioia fanciullesca di quel bambino di sette anni. Con giacca blu e cravatta gialla, occhiali indossati e capelli bianchi ben pettinati (e ci mancherebbe altro…), ci attende nel suo salone, al primo piano del civico 95 di via Calefati, a Bari. L’unico situato all’interno di un condominio e non al pianterreno, come ci si aspetterebbe da qualsiasi attività commerciale. Un luogo che sa di casa, dove la sala d’attesa si trasforma in piacevole salotto, aperto a risate, conversazioni e amicizie. Questa particolarità è ormai divenuta un vero marchio di fabbrica, ispirato da un soggiorno milanese, mentre il giovane Manobianco era in giro per l’Italia in qualità di giurato per un concorso aperto ai parrucchieri più talentuosi.
«A Milano vidi un barbiere che lavorava in un palazzo e pensai di fare lo stesso a Bari - dice soddisfatto - Tutti i colleghi pensavano che la caratteristica di lavorare in un condominio fosse penalizzante e che, per questo, avrei chiuso i battenti nel giro di massimo tre mesi». Nulla di più sbagliato. «Dopo sessant’anni - afferma ridendo - sono l’unico di loro ancora qua». Nello stesso posto in cui, quel lontano 4 aprile del 1964, a venticinque anni di età, decise di aprire la sua attività insieme all’amico fraterno Sabino Marziliano. Nacque da lì l’indimenticabile salone «Giovanni & Sabino», portato avanti dai due soci fino al 1994, quando un male incurabile portò prematuramente via il secondo. Un’indescrivibile sofferenza per Giovanni, che non si arrese. E dopo aver già accolto nello staff sua nuora Rosa, per iniziare a occuparsi anche delle acconciature femminili, decise di mettersi in società con suo figlio Sandro, meccanico di 29 anni. Costretto a reinventarsi, il ragazzo ci mise un po’ per abituarsi ai nuovi arnesi del mestiere e oggi, assieme a sua moglie, è il titolare dell’attività a conduzione familiare, ribattezzata per l’appunto «Sandro e Rosa».
Giovanni ricorda inoltre che poco dopo l’apertura del suo salone, negli anni Settanta, contribuì a fondare l’Aram del Levante, l’Accademia regionale per acconciatori ed estetisti, di cui fu vicepresidente. Poi, si lascia andare ai nomi dei suoi clienti più celebri. Ci sono i politici Giorgio Almirante e Pinuccio Tatarella. C’è l’attore Antonio Petruzzi del film «I basilischi» di Lina Wertmüller, complimentatasi personalmente con Giovanni per l’acconciatura riservata al protagonista della pellicola.
A qualche giorno dal sessantesimo anniversario del suo salone, Giovanni riflette sui problemi del settore. Tra i principali vi è la mancanza di ricambio generazionale. «I giovani barbieri di oggi fanno tutto con la macchinetta e non sanno più maneggiare le forbici».