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Matarrese racconta Schillaci: «Io e Totò abbiamo sognato assieme con Italia ‘90»

 
Fabrizio Nitti

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Fabrizio Nitti

Matarrese racconta Schillaci: «Io e Totò abbiamo sognato assieme con Italia ‘90»

«Non pensavo di dover soffrire tanto per queli ragazzi che in quegli anni mi hanno dato il massimo»

Giovedì 19 Settembre 2024, 10:56

Le notti magiche di Italia ‘90, i gol di Schillaci, quella Nazionale bella, bellissima di Azeglio Vicini, il terzo posto nella finalina di Bari, la vittoria sull’Inghilterra, proprio con una rete dell’attaccante siciliano scomparso ieri. Tutti figli di Antonio Matarrese, all’epoca numero uno del calcio italiano, presidente della Figc.

«Sono sconvolto - dice l’uomo che nel calcio italiano ha in pratica ricoperto tutti i ruoli di comando e dal 2018 è entrato nella Hall of Fame del nostro calcio - È l’ennesima tragedia che si abbatte su quella squadra. Prima ho pianto per la morte di Gianluca Vialli, oggi piango per quella di Totò. Al di là del rapporto professionale che c’è stato con tanti calciatori, restano poi i contatti personali. No, vi dico la verità: non pensavo di dover soffrire tanto per queli ragazzi che in quegli anni mi hanno dato il massimo».

Italia ‘90 rappresentò la deflagrazione di Schillaci nel calcio mondiale. Antonio Matarrese, 84 anni e quasi 50 anni dedicati al gioco più bello del mondo, è una miniera di ricordi, aneddoti, storie: «Vi dico la verità - confessa l’ex vicepresidente Fifa e Uefa - all’inizio di quell’avventura, non avevo ancora inquadrato Schillaci. Ricordo perfettamente la sua prima apparizione nella manifestazione. Stavamo pareggiando contro l’Austria, 0-0. A un certo punto Vicini decide di rischiare, dentro Totò e fuori Carnevale. Magia. Gol di Schillaci e prima vittoria. Tutto nel giro di tre minuti... Sembrava davvero un segno del destino. Insomma, finisce la partita, scendo negli spogliatoi, incrocio Totò e gli dico: “E tu da dove sbuchi?”. Presidente, mi rispose lui, io sono meridionale come te, noi sappiamo soffrire in silenzio e gioire al momento opportuno».

«È sempre stato un uomo molto garbato - racconta Matarrese -, nei modi e nelle parole. L’ho incrociato l’ultima volta un anno fa, sapevo che non stava molto bene. Mi disse, presidente ti ricordi quanti gol ho fatto in quel Mondiale del 1990? E certo, gli dico, ne ha i segnati sei, non abbiamo vinto nulla, Totò, ma la verità è che vincemmo lo stesso trasmettendo un’immagine splendida di quella Nazionale, campioni senza aver vinto il titolo. Avevamo una squadra fortissima, un grande allenatore. Non fummo accompagnati dalla buona sorte, soprattutto nella semifinale di Napoli».

Linee comuni, tracce simili. Le storie fra Antonio Matarrese e Totò Schillaci si incrociarono immediatamente i quell’estate italiana: «Io e lui vivevamo assieme un sogno. Lui si ritrovò improvvisamente catapultato su un palcoscenico internazionale e quindi viveva quel periodo in maniera incredibile, sognava a occhi aperti. I gol lo caricavano e lui caricava la squadra, l’ambiente. Era allegro, il classico sicliano sfacciato. Il suo entusiasmo era contagioso e ovviamente anche io fui coinvolto dal sujo modo di fare. Non ci sono solo i gol, la vera partita è il rapporto che si crea con i giocatori, rapporti che restano nel tempo».

Voce rotta dall’emozione e giù ancora un ricordo dell’uomo che, in via indiretta, compare nel film «The Van» dal libro di Roddy Doyle, quando il guidatore del furgoncino, la sera dopo Italia-Irlanda ha una maglietta con scritto Fuck Schillaci… L’Italia vinse 1-0 con rete di Totò, appunto, nel primo tempo, altra rete decisiva: «Eravamo in ritiro, a Marino. Improvvisammo una parita a clacio balilla; lo vedo che si piazza in porta e gli dico: “Ma scusa Totò, tu non sei attaccante? Che ci fai in porta?”. Ma no presidente, io posso fare tutto, stai tranquillo, adesso ti faccio vedere io... . Il destino lo ha aiutato e lanciato nel grande calcio, ma non gli è stato amico in questi ultimi anni, è stato crudele. Mi dispiace davvero, addio Totò»

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