BARI - Si racconta che i silenzi valgano più di mille parole. E quelli che dilatano i dubbi partorendo insicurezze. Sette giorni fa, a Roma, è andato in scena il fondamentale incontro tra la proprietà e Ciro Polito, l’uomo mercato. Il «contatto» necessario a fissare strategie e programmi. L’occasione per cercare convergenze sul modo di arrivare a coniugare il verbo dell’ambizione. Budget, ecco la parola chiave. Perché è vero che le idee contano sempre tantissimo ma gli investimenti restano strumento certificato. A maggior ragione quando, in B, ti chiami Bari e alle spalle hai una città che non conosce alternative al ritorno in paradiso.
Sono trascorsi sette giorni e tutto tace. Incredibilmente. I tifosi sono fermi all’uscita social di Luigi De Laurentiis, una sorta di «carezza» alla tifoseria dopo la pugnalata della finale playoff. Poi, il nulla cosmico. Tace soprattutto il direttore sportivo, che la gente immagina come una sorta di garante dell’ambizione. Qui Polito è un piccolo «dio». Gli si riconosce competenza ma anche la caratterialità necessaria per gestire uno spogliatoio e rappresentare uno stimolo nei confronti della proprietà. Ecco, il suo è un silenzio che inquieta i baresi. Soprattutto perché non è, poi, così complicato collegarlo a quel colloquio con la Filmauro. Il telefono, muto. Lo cercano in tanti ma non c’è verso di smuoverlo. Arrabbiato, deluso, forse preoccupato. Chissà. Il tempo passa, intanto. E una città intera non sa più cosa pensare. Divorata dai dubbi e quel senso di precarietà di cui proprio nessuno avvertiva il bisogno.
Sarà curioso capire se Polito, nel giorno in cui ritroverà la parola, sarà in grado di tenere la barra dritta. Nella sua ultima esternazione pubblica fu chiarissimo: «Siamo arrivati terzi, io voglio sempre migliorare e per farlo ci sono a disposizione le prime due piazze». La gente è rimasta qui, inutile girarci attorno. E «pretende» che gli obiettivi siano davvero quelli. Ovvio che questo silenzio abbia mandato un po’ tutti in crisi. Con Polito che resta l’ago della bilancia. Immaginarlo «incazzato» è un inno alla paura. Anche un cazzotto in faccia. Perché profuma di «confusione».
In questo baillame c’è finito dentro anche Mignani. Come? Non deve essere stato simpatico ritrovarsi al centro della querelle legata a quell’entusiasmo e a quegli stimoli che qualcuno riteneva andassero verificati. Non è importante capire perché e chi abbia dato in pasto a tifosi e addetti ai lavori certe fake news. Conta più sapere che mai e poi mai a Mignani sarebbe venuto in testa di abbandonare la barca. Per l’enorme riconoscenza che lo lega a Polito e per il «peso» di una piazza che per lui era e resta... il Real Madrid. Il resto, davvero, è fuffa allo stato puro.
Polito e Mignani si sono parlati, il rinnovo del contratto dell’allenatore non sembra essere in discussione. La proprietà ha apprezzato il suo lavoro in campo e anche il suo «stile». Ma ha, poi, lasciato che a mettere la parola fine alla questione fosse il direttore sportivo, com’era logico che fosse nel rispetto dei ruoli. Si riparte insieme nonostante un momento in cui l’ipotesi divorzio sembrava potesse rappresentare una soluzione. Ma questa è una di quelle cose a cui chiedere conto al ribelle Ciro.
Polito, già. Di cosa avrebbe bisogno per rimettersi in carreggiata? Difficile immaginare che credesse possibile un budget in stile Genoa e Cagliari. Non sarebbe nelle corde della famiglia De Laurentiis, sempre molto attenta ai bilanci e dunque assolutamente virtuosa nella gestione del calcio. Possibile che l’uomo mercato del Bari voglia maggiori gratificazioni dopo le due stagioni condotte con indubbia maestria. Possibile che si aspetti qualche «sforzo» dalla proprietà nel tentativo di non disperdere l’enorme patrimonio di entusiasmo conquistato, meritatamente, nell’ultimo campionato. Ci sta tutto, evidentemente. Anche un dialogo serrato e spigoloso. Ma che si faccia presto a scacciare le nubi che aleggiano sulle teste dei tifosi. Serve uno sforzo comunicativo. E anche di chiarezza. Qualcuno venga a dirci quali sono gli obiettivi e quali strade si intendono seguire. Migliorare è un concetto troppo generico, finanche banale. Migliorare non può voler dire «speriamo che Dio me la mandi buona». Migliorare, qui a Bari, deve voler dire puntare a vincere. Programmazione, investimenti, ambizione massima. Chi ce lo racconterà? E quando? Un silenzio durato fin troppo. Per certi versi inaccettabile.