BARI - Poliedrico, istrionico, sempre con una vena di ironia: l'attore e regista Edoardo Leo ha scelto il Teatro Petruzzelli di Bari per la partenza del nuovo tour, che lo terrà occupato per quasi un anno e lo vedrà in scena con «Ti racconto una storia». Uno spettacolo già riproposto in passato in varie forme, ma mai uguale a se stesso, tra letture semiserie e tragicomiche con l'accompagnamento musicale di Jonis Bascir. L'appuntamento barese è per domenica 22 ottobre alle 21 (biglietti in vendita su TicketOne), data organizzata da Vincenzo Berti e Gianluca Bonanno per Ventidieci. La «Gazzetta» ha intercettato l'attore per raccogliere qualche suggestione sulla performance, tra reading e monologhi, antologia di oltre vent'anni di carriera.
Come ci si prepara per uno show che va in scena ormai da tempo?
«Non c'è una vera e propria preparazione: sto ragionando lentamente su quali storie ho voglia di portare, sto capendo che forma dare a questa tournée, la più lunga finora per quanto riguarda "Ti racconto una storia", forse anche l'ultima».
Da dove arriva l'idea di una raccolta di ricordi, aneddoti, che cambiano di occasione in occasione?
«Volevo sperimentare una forma di teatro diversa, in cui al centro ci fossero le storie, ma anche l'arte della forma orale. Tutto è partito per accumulo (in passato l'attore ha proposto letture e dialoghi di Calvino, Eco, Benni e molti altri, ndr.), la struttura definitiva è quasi arrivata da sé, proprio come accade per i cantastorie».
Come risponde il pubblico?
«Rimango sempre affascinato dai bambini, che spesso faccio salire sul palco. C'è un capitolo che parla delle barzellette, forma di racconto altissima: lì improvviso con i più piccoli e ho ricordi meravigliosi della loro emozione davanti a duemila persone. È il punto che preferisco dello spettacolo, il teatro si fa insieme, e quando mi accorgo che quello che faccio avvicina anche la fascia di spettatori di quell'età, capisco che ho raggiunto ciò che avevo programmato: essere trasversale».
Tra quelli che legge e recita c'è un pezzo a cui è particolarmente legato?
«Sì, ed è di Gabriel García Márquez, con cui apro lo spettacolo. Non è tratto da qualcosa che ha scritto, è un frammento di un discorso mentre riceveva un premio e che è stato riportato da un giornalista: anche qui recupero il valore del racconto orale, poi Márquez per me è un riferimento per il modo in cui ha saputo raccontare grandi tragedie unendo ironia e senso del grottesco».
Sul palco è accompagnato dal collega e amico Jonis Bascir, che ruolo ha la musica in questo spettacolo?
«La prima replica è nata in un pub, l'accordo con Jonis era "io racconto le storie, tu improvvisa su quello che dico". Poi abbiamo messo dei punti fermi ed è nato uno spettacolo con una struttura quasi jazz: io improvviso su una partitura che ho, e lui fa lo stesso. È diventata la spalla perfetta: durante i viaggi in macchina decidiamo cosa fare la sera, nasce tutto naturalmente».
Perché la partenza proprio da Bari?
«Mi sono auto-imposto di dedicare quest'anno al teatro, e l'idea di iniziare dal Petruzzelli è programmatica. È uno dei teatri più belli d'Italia, ed è risorto dalle sue ceneri. Ha qualcosa a che fare con la mia vita professionale, spesso nei miei film mi sono occupato delle rinascite dai fallimenti, mi sembrava un punto di partenza simbolico».
Quindi un anno intero in giro per teatri: c'è qualcosa che la spaventa?
«Niente. L'ho scelto io, sto contando i giorni, poi tutta la tournée si chiuderà a Roma, la mia città, non ho alcuna paura preventiva. Sul serio, non vedo l'ora».