Oggi Matteo Garrone sarà ospite in due sale nel Barese, per presentare il suo ultimo film «Io capitano». Il regista interverrà al Red Carpet di Monopoli prima della proiezione delle 19.30 e in seguito arriverà al Multicinema Galleria di Bari, dove saluterà il pubblico in tre sale: al termine dello spettacolo che inizia alle 18.30 e prima delle proiezioni delle 21 e delle 21.15. Insieme a lui, gli attori Seydou Sarr, Moustapha Fall e Amath Diallo (infotel: 080.5214563).
Il suo film Io capitano è il candidato italiano agli Oscar. Intanto una nuova tappa in Puglia per Matteo Garrone, protagonista di un tour di successo per l’intera penisola con il suo ultimo grande lavoro, il film per il quale è stato insignito a Venezia80 con il Leone d’Argento per la migliore regia.
Maestro, benvenuto in Puglia!
«È una terra a cui sono particolarmente legato affettivamente in quanto i miei nonni paterni erano di Bari; pertanto parte delle mie radici risiedono in questa magnifica regione».
Garrone, ci parli della genesi di «Io Capitano».
«Sono partito dalla considerazione che esiste tutta una parte del viaggio dei migranti africani in Europa assolutamente oscura all’opinione pubblica. In genere siamo abituati a vedere solo la parte finale del viaggio, quale i drammatici sbarchi sulle nostre coste con il conteggio dei vivi e dei morti, una sorta di rituale a cui poi paradossalmente ci si abitua. Ciò detto, ho cercato con la macchina da presa di rappresentare questo viaggio della speranza non dal punto di vista occidentale, ma dal punto di vista degli stessi protagonisti, al fine di dare voce a coloro che in genere non ce l’hanno».
Il suo intento è stato dunque quello voler utilizzare il linguaggio cinematografico per scuotere le coscienze occidentali proiettandole all’accoglienza?
«Il mio racconto vuole denunciare un’ingiustizia di fondo, quella che coinvolge milioni di giovani del continente africano, che sognando l’Europa che vedono attraverso internet e i social, non comprendono il perché non possono raggiungerla liberamente senza mettere a repentaglio la propria vita, illuminati dalla speranza di costruire lì un proprio futuro lavorativo. La mia opera intende riflettere una realtà che nega il riconoscimento e la tutela dei diritti umani in tutti i paesi del mondo».
Il sogno europeo del terzo millennio come il sogno americano dei nostri emigranti?
«In un certo senso sì, ma con l’aggravante che i ragazzi che partono dall’Africa verso il vecchio continente vivono molti più rischi e si trovano ad affrontare un destino assai incerto in quanto solo pochi di loro alla fine ce la fanno».
Ci racconti un episodio significativo della lavorazione del film.
«Premesso che sono rimasto molto colpito dalla generosità, il senso di accoglienza di quel popolo che mi ha permesso di sentirmi fin da subito a mio agio in un contesto culturale a me estraneo, “adottandomi” sentimentalmente, ricordo in particolare un episodio in cui eravamo in grande difficoltà dovendo girare una scena molto pericolosa con una jeep che doveva attraversare il deserto per trasportare dei giovani. Improvvisamente l’autista dell’autovettura cominciò a correre tra le dune all’impazzata con il rischio serio di poter perdere durante il tragitto qualche passeggero. Alla fine della scena gli attori, pur essendo piuttosto acciaccati per essere stati violentemente sballottati, si dichiararono disponibili a ripetere il ciak se fosse stato necessario per la buona riuscita del film. E poi, mi è rimasta impressa la sorellina di Seydou, uno dei protagonisti che nella scena in cui lui di notte prepara la valigia per fuggire di nascosto e lei se ne accorge e lo chiama, si è addormentata serenamente non appena ho dato l’azione e quando è toccato il suo turno si è svegliata placidamente senza alcun capriccio ed ha cominciato a recitare in modo perfetto».
A proposito del mal d’Africa?
«L’Africa è un continente di gran fascino ma pieno di contraddizioni. Mi ha colpito molto il Senegal dove abbiamo girato la prima parte del viaggio che mi ha ricordato un po’ la Napoli del dopoguerra con la sua povertà dignitosa, ma carica di umanità».
Garrone lei è credente?
«Sì, ho molta fede in Dio».
Il suo incontro con Papa Francesco?
«Molto emozionante; mi ha colpito il suo modo di guardarmi dritto nel cuore attraverso il suo sguardo intenso ed il forte carisma e la grande empatia che lo portano a relazionarsi con il prossimo in maniera vincente».
La misericordia?
«Vuol dire immedesimarsi nelle sofferenze altrui, condividendo gli stati difficili al fine di apportare un sollievo spirituale».