Il mare come spazio di lutto e rinascita. Il film Il mio amico pinguino plana oggi in prima visione streaming su Netflix, offrendo a Natale una favola adulta che parla di perdita, cura e responsabilità ambientale. Diretto dal brasiliano David Schurmann e ispirato alla vicenda vera di João Pereira de Souza e del pinguino Dindim, il film mette al centro un anziano pescatore - qui interpretato da Jean Reno - che, dopo la tragica morte del figlio, trova un pinguino ricoperto di petrolio e lo salva; la cura dell’animale riapre crepe emotive nella sua casa e nella comunità dell’isola.
La confezione è quella di un family drama dal respiro internazionale: accanto a Reno, Adriana Barraza è la moglie Maria; la sceneggiatura è firmata da Paulina Lagudi Ulrich e Kristen Lazarian, la fotografia di Anthony Dod Mantle e le musiche di Fernando Velázquez. Il film - prodotto tra Brasile, USA e Spagna - ha già circolato nei festival, tra cui Giffoni, dove ha raccolto riconoscimenti per il tema ambientale. Sul piano narrativo Schurmann evita la tentazione del sentimentale facile: la lunghezza contenuta e le scelte di montaggio privilegiano i silenzi del personaggio e le immagini del mare come memoria corporea, trasformando l’animale da semplice «salvato» in catalizzatore di relazioni.
Per lo spettatore odierno la storia funziona sia come racconto per famiglie sia come piccolo manifesto sulla fragilità degli ecosistemi marini e sul ruolo delle comunità locali nel prendersene cura. In fondo, quello che resta è una domanda semplice: che cosa significa essere umani quando il mondo intorno a noi è ferito?
















