Nella domenica che «tutte le feste se le porta via», secondo l’antico e laico adagio connesso all’Epifania, vogliamo idealmente sederci a pranzo con le figlie di Giovanna Frino, uccisa dal marito in pieno clima di festa, poco prima della vigilia di Natale. A lei dedichiamo quest’ultimo scampolo di convivialità non solo simbolica, affinché di fronte alla morte ci si tolga tutti il cappello con rispetto. E lo facciamo mettendoci idealmente in cammino in pieno clima epifanico secondo il monito di Papa Francesco, quando ci esorta, attraverso la pregnante immagine dei Magi, a entrare in quel mistero che va ben oltre i calcoli umani. E pertanto accendiamo stelle per le figlie di Giovanna, private come sono della dolcezza della mamma; proviamo tutti quanti noi a tenerle un attimo per mano nel loro bosco buio che sono costrette ad attraversare. Ci piace pensare di rischiarare il loro cammino non solo con le parole, non solo con il cibo più dolce e condito delle feste, ma anche con i fatti.
A chi ancora alza braccia, coltelli e pistole contro una donna, vorremmo far vedere il dopo di questa scena, come una sequenza di film che vada velocemente in avanti. Dopo la violenza c’è solo desolazione per chi resta. Null’altro. Teresa Bruno ha scritto un libro molto interessante, “Bambini nella tempesta. Gli orfani del femminicidio”, per affrontare il tema dal punto di vista dei figli, con quelle scarpette rosse – e corrose nel colore allo stesso tempo – di un bambino di pochi anni. I danni nel breve e nel lungo periodo, il trauma che come un filo conduttore accompagnerà per sempre la vita di questi innocenti dovrebbe disarmare all’istante le mani omicide. E invece siamo ancora qui, a fare la conta delle morte – poche ore dopo la ‘nostra’ Giovanna, un’altra Giovanna di Palermo veniva uccisa – per mano di chi dice(va) di amarle. Alle figlie di Giovanna, e ai familiari tutti, queste poche righe non basteranno, ma serviranno forse a farli sentire meno soli nel giorno magico e misterioso dell’Epifania, dove più di un desiderio viene esaudito. Sia racchiuso lo spirito di questa ricorrenza letta dal lato delle donne in un componimento erroneamente attribuito a Shakespeare, ma presente in un suo riadattamento: «In piedi, signori, davanti a una donna, per tutte le violenze consumate su di lei, per le umiliazioni che ha subito, per quel suo corpo che avete sfruttato. E se ancora non vi bastasse, alzatevi in piedi ogni volta che lei vi guarda l’anima, perché lei la sa vedere».