La tranquillità della sua piccola casa a corte, ubicata in un vicolo cieco nel cuore del paese, aveva portato Giuseppe Bertolucci ad amare il Salento più del cinema. La gente di Diso, gli amici e i conoscenti erano pienamente convinti che la sua prima dimora non si trovasse nell’Urbe ma nel piccolo centro salentino a due passi da Castro. E qui, fragorosa come un fulmine a ciel sereno, si è diffusa la notizia della morte del regista e sceneggiatore, stroncato a 65 anni da una lunga malattia. Qui, nel silenzio della sua abitazione in vico Pisacane al civico 3 (altri servizi a pagina 25, ndr), ha trascorso le ultime settimane.
Bertolucci, nato a Parma, vissuto a Bologna, dove per lunghi anni ha ricoperto l’incarico di direttore della Cineteca, residente a Roma, aveva scelto il Salento, comprando casa, per trascorrere le vacanze e alcuni momenti di relax durante l’anno. Da oltre un mese era tornato a Diso col desiderio di riprendersi da una lunga convalescenza. L’altra notte, i residenti e i vicini di casa, svegliati dall’arrivo a sirene spiegate dell’ambulanza nei pressi del vicolo cieco, hanno subito pensato che il regista fosse stato colpito da un malore dovuto al caldo. Ma il personale medico invece ha subito diagnosticato un edema polmonare e lo ha ricoverato d’urgenza all’ospedale «Cardinale Giovanni Panico» di Tricase.
Le sue condizioni durante la notte sono peggiorate e all’alba di ieri è deceduto. Ad annunciare la morte di Giuseppe, nella prima mattinata, è stata Caterina, cugina della moglie, Lucilla Albano, recandosi nell’«Eurobar» a due passi da casa, mentre in rete la scioccante notizia faceva il giro del mondo. Increduli e addolorati, gli avventori del bar ricordano la presenza sempre composta e discreta di Bertolucci quando si recava in piazza Carlo Alberto col suo bastone per consumare un caffè.
«Un uomo semplice, puro, autentico. Un personaggio di grande nobiltà d’animo». Questo il giudizio unanime della gente del luogo tanto amato dal regista. Una figura che tanto apprezzava la penisola salentina, i piccoli paesi bagnati dal mare e i borghi antichi dell’entroterra, come la piccola Diso, dove lui piacevolmente si rifugiava per riacquistare forza dopo le fatiche quotidiane. Alla gente disina diceva sempre che nel giardino di casa ritemprava il fisico, costretto ormai negli ultimi tempi a fare uso della bombola d’ossigeno a causa di una grave malattia. La camera ardente è stata allestita al piano terra della sede municipale nella «Sala degli affreschi» a cui si accede attraverso un chiostro con pozzo centrale. A tutto ha provveduto l’amministrazione comunale.
Per volontà della famiglia non si svolgeranno i funerali in chiesa, ma il rito sarà soltanto civile. La salma sarà vegliata sino a stasera, per poi essere trasportata domani a Bari per la cremazione. A Diso e nella frazione di Marittima compare in bacheca solo il manifesto di lutto del Comune. «Appresa notizia della scomparsa del maestro Giuseppe Bertolucci, sceneggiatore e regista, importante figura del cinema italiano e internazionale, il sindaco e l’amministrazione comunale a nome di tutta la comunità esprimono sentito cordoglio alla famiglia». Il sindaco Antonella Carrozzo ha voluto così mettere a disposizione la sala più artistica dell’antico convento dei Cappuccini per accogliere la salma. Tutto è stato programmato anche per consentire il libero accesso del fratello Bernardo, costretto su una sedie a rotelle.
«Siamo stati sempre orgogliosi di avere avuto fra di noi», dice il sindaco, «un protagonista della cultura e della cinematografia. Una figura di spessore internazionale, che pure riusciva sempre a manifestare semplicità e umiltà davanti alla gente». Ora in paese tutti lo rimpiangono. Sperava tanto in un miracolo da questa terra che lo ospitava e gli alleviava le sofferenze. Il verde del suo giardino gli restituiva quelle energie necessarie a dedicarsi all’attività artistica e alle cose che più amava. Da queste parti era pronto a fondare un’associazione di immagini storiche e popolari per recuperare e tramandare la memoria storica alle nuove generazioni.. Un’«eredità» che ora qualcuno saprà raccogliere.