BARI - Le borse di studio per i master post-laurea erogate dalla Regione sono equiparate a reddito da lavoro dipendente. E fin qui, non ci piove. Il fatto è che nelle scorse settimane la Regione ha inviato - oltre i termini di legge - il Cud ai ragazzi che hanno partecipato ai primi due bandi di Ritorno al Futuro. E chi ha avuto la pazienza di leggere il documento, insieme a una nota di chiarimenti pubblicata in Internet e piuttosto convoluta, ha avuto una amara sorpresa: a dispetto di quanto sembra, sulla famosa borsa di studio bisognerà pagare le tasse.
La circostanza è stata segnalata alla «Gazzetta» da alcuni genitori, che hanno lamentato due aspetti. Primo, il fatto che al momento dell’erogazione delle borse non sia stato chiarito l’aspetto fiscale (la cui incidenza in alcuni casi è sensibile). Secondo problema, molti master sono stati fatturati nel 2008 per cui le relative spese non sono più detraibili. Sapendo prima della tassazione, è il concetto espresso dai genitori che hanno contattato la «Gazzetta », si sarebbe potuta fare una valutazione differente in merito a tutta la procedura. Anche perché presentando la dichiarazione dei redditi, si sarà poi chiamati a versare l’acconto Irpef 2011: e per ottenere il rimborso serviranno anni.
Il pasticcio, l’ennesimo nella travagliata storia di Ritorno al Futuro, nasce dal fatto che le borse di studio sono finanziate al 50% da fondi europei: per disposizione Ue, i fondi europei vanno erogati «netti», senza detrazioni. La Cassazione nel 2008 ha comunque chiarito che se da un lato l’Unione Europea «non consente alcun prelievo sui contributi versati ai beneficiari dei fondi strutturali », dall’altro la stessa Ue «non esclude però che il reddito di cui fanno parte tali contributi, in base alla norma nazionale, possa essere assoggettato ad imposizione».
La Regione, che anche in questa circostanza non ha brilla per chiarezza, inizialmente aveva optato per la non assoggettabilità fiscale delle borse di studio. Poi ha cambiato parere, tanto che quest’anno sono stati mandati i Cud di entrambi gli avvisi di Ritorno al Futuro. La Ragioneria ha assoggettato le borse a tassazione soltanto per il 50% (quello finanziato da fondi statali), e così facendo ha applicato la norma in maniera letterale. Ma questo non significa (come ha spiegato la Cassazione) che l’altro 50% della borsa sia esente da tasse.
Facciamo un esempio. Il valore della borsa di studio è di 15.000 euro. La Regione ha sottoposto a tassazione il 50%, ottenendo (aliquota 23%) una imposta di 1.725 euro. Considerando i 1.800 euro di ritenuta per il lavoro dipendente, la Regione non ha applicato alcuna trattenuta. Il fatto - qui è mancata e manca la chiarezza - è che ora quegli stessi 15.000 euro vanno riportati nella dichiarazione dei redditi.
Sempre nello stesso esempio, il 23% di 15.000 euro sono 3.450 euro che meno 1.840 euro di detrazione significa dover versare all’erario circa 2.100 euro. La borsa di 15.000 euro è andata a chi ha frequentato un master fuori regione. Per chi lo ha frequentato in Puglia l’importo della borsa è di 7.500 euro. L’aliquota del 23% porta a una imposta di 1.725 euro, che meno la detrazione (in questo caso sono 1.517 euro) porta a dover versare poco più di 200 euro. Ora, la disciplina fiscale non dipende certo dalla Regione Puglia. Che però, volendo rendere un servizio alle migliaia di laureati che hanno beneficiato delle borse di studio, avrebbe potuto avvertirli richiamando a caratteri cubitali l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. E non nascondendolo all’ultimo rigo delle annotazioni inserite nel Cud.
Dunque, attenzione: perché dimenticarsi gli adempimenti fiscali porterebbe a un accertamento e ad ulteriori sanzioni. Insomma, il danno e la beffa.